Cento uomini violenti in lista al centro maltrattamenti
In regione sono 41 gli orfani di femminicidi: per loro dal 2021 c’è un progetto per aiutarli
Sono oltre un centinaio gli uomini violenti in lista d’attesa al centro per maltrattanti dell’Ausl di Bologna. A spiegarlo è Gerardo Lupi, coordinatore del centro «Liberiamoci dalla violenza» dell’Ausl, ieri nel corso di un convegno in Sala Borsa. «Abbiamo una lista d’attesa di oltre 100 persone — dice Lupi — il codice rosso e l’ultima legge del novembre 2023 hanno previsto questi percorsi come obbligatori per chi ha condanne per reati di genere. A volte il percorso viene avviato prima della condanna, in fase processuale, su suggerimento degli avvocati». Di conseguenza, sottolinea il responsabile, al centro «arrivano uomini interessati più alla possibilità di avere benefici di pena. Anche da parte dei tribunali abbiamo sempre più richieste fiscali, burocratiche, da custodia. Ci chiedono ad esempio di certificare che i percorsi vengano seguiti».
Questo, afferma Lupi, «ha snaturato alcuni aspetti del centro e quindi stiamo lavorando ad alcune modifiche operative». Tra gli aspetti negativi c’è anche il fatto che «abbiamo un ostacolo linguistico fortissimo per cui i migranti non trovano possibilità nel nostro servizio», che è esza di natura psicologica e quindi la comunicazione è fondamentale. L’aspetto positivo, invece, è che «se ne parla di più e c’è una maggiore presa di coscienza da parte degli uomi
ni». Il percorso all’interno del centro per uomini maltrattanti di Bologna dura un anno e prevede, tra le altre cose, che la partner venga contattata.
«Gli uomini che accedono all’inizio parlano della violensenzialmente minimizzandola o ridicolizzandola — riferisce Lupi — ne attribuiscono la responsabilità ad altri fattori: lo stress, la tensione, la provocazione da parte della donna». Il percorso si concentra dunque sul far capire all’uomo la gravità della violenza e la sua responsabilità diretta, spiega il coordinatore del centro, facendolo ragionare sulle motivazioni che l’hanno spinto ad agire così e sugli effetti che voleva ottenere.
Nei femminicidi va posta attenzione anche agli orfani, i figli, che sono vittime due volte perché hanno perso la madre e il più delle volte è il padre, o il genitore acquisito, ad avere generato il dramma. Nell’incontro di ieri è emerso che per loro dal 2021 in Emilia-Romagna è attivo un progetto per aiutarli, realizzato dalla cooperativa sociale Iside in collaborazione con la Casa delle Donne di Bologna, grazie a un bando dell’associazione Con i bambini. Tra il 2009 e il 2021 ne sono stati conteggiati 41 tra gli zero e i 21 anni in Emilia-Romagna. «Trovarli è stato un lavoro molto complicato — spiega Daniela Tatti, psicologa della Casa delle donne —, perché di molti si erano perse le tracce».