«Oggi sarò in Piazza anche per la pace Sconcertato da chi rifiuta l’antifascismo»
Giorgio Diritti: la destra deve dare un segnale
«Ho anche pensato di fare di nuovo un film su quegli anni, non si può mai dire. Adesso sto elaborando, è come se camminassi nel bosco a ricerca di funghi. È una fase di sospensione e di lettura». Giorgio Diritti ha raccontato l’orrore dell’occupazione nazista ne L’uomo che verrà attraverso gli occhi di una bambina. «Spero che oggi ci siano tante persone che accompagnano i propri figli nei luoghi della memoria e ricordino quello che i nonni ci raccontavano», dice il regista.
Lei dove andrà per la Festa
di Liberazione?
«Penso che sarò in Piazza, poi farò un giro al Pratello».
Con che spirito andrà in Piazza?
«Da un lato con il desiderio di pace e dall’altro con la voglia di definire le cose per quello che sono: mettere in evidenza che cosa è democratico e cosa rischia di non esserlo. Con la voglia di rendere evidente che il fascismo è stato inaccettabile».
C’entra anche il governo di centrodestra?
«Libertà, democrazia e rifiuto della violenza sono valori universali. Poi, certo, ci si potrebbe augurare una presa di coscienza di quel passato da parte di un governo che è sbilanciato verso destra».
Che idea si è fatto del monologo di Scurati cancellato dalla Rai?
«La prima sensazione è stata di rabbia e amarezza, una sorta di censura della quale non si capisce la ragione».
Se c’era una volontà censoria, però, l’effetto è stato opposto. Il monologo l’hanno letto in tantissimi.
«Spesso le persone al potere hanno una specie di senso di onnipotenza e non valutano che certe scelte, oltre che inopportune, sono anche molto controproducenti».
Può essere che la scelta di bloccare Scurati sia arrivata da un funzionario fin troppo zelante e più governativo del governo stesso?
«Le responsabilità se le prenderà qualcuno, noi siamo spettatori e diciamo che è un brutto spettacolo. Si tratta di un problema per chi desidera
una società migliore, più onestà, trasparenza e rispetto».
Come valuta la titubanza di diversi esponenti dell’attuale governo a definirsi antifascisti.
«Beh, è un po’ sconcertante, non ne capisco il motivo».
Le diranno che non hanno nulla da condannare visto che all’epoca non erano nemmeno nati
«Certe reazioni parlano da sole. Il punto è che è in corso da tempo il tentativo di mettere tutto nello stesso pentolone. Bisogna mettere un confine netto tra chi è stato vittima e chi è stato carnefice. Non si può raccontare la storia in un modo diverso».
La discussione sulla Liberazione suscita così ampio dibattito qui da noi perché a Bologna, e in Emilia, c’è una sensibilità molto forte. Non rischiamo di avere una percezione in qualche modo condizionata dal territorio in cui viviamo?
«Quando abbiamo presentato L’uomo che verrà mi sono reso conto che tra Nord e Centro-Sud c’è una sensibilità molto diversa. Indubbiamente ha influito la dimensione storica della Resistenza e dell’occupazione subita che qui è stata molto più pesante».
Cosa le è successo?
«Ci sono stati docenti che mi hanno detto che non sapevano che l’occupazione nazista fosse stata così violenta. I libri di storia trasferiscono numeri, luoghi, storie ma non la faccia delle persone uccise. Per questo si deve continuare a ricordare il 25 Aprile, tenere vivo il ricordo di quello che hanno subito le nostre famiglie. Per questo serve anche una giusta visione di quello che è stato il fascismo».
Pensa che ci sia il rischio del ritorno del fascismo?
«In senso storico no, ma c’è una tendenza preoccupante a vivere la dimensione del potere del governo come una cosa
Alle presentazioni Tanti docenti mi hanno detto che non sapevano di quanto fosse stata violenta l’occupazione
da cortile. La palla la tiene solo chi è al potere. Ma la politica non è una partita di calcio, chi governa deve pensare al bene di tutti, questo manca troppo spesso».
Oggi in piazza si attende la presenza anche di esponenti dei partiti di governo?
«Mi piacerebbe un segno chiaro, la presenza agli eventi è una cosa diversa».
Che cosa la preoccupa?
«Il distacco dalla politica che viene vissuta come un derby, così la dimensione delle idee rischia di svanire. Questo è un aspetto molto triste. Estremismo, desiderio dell’uomo forte e violenza hanno sempre più seguito, è un segnale molto pericoloso, al di là delle ideologie. C’è un andamento generale nel cercare le differenze, mentre la società dovrebbe pensare a unire».