Corriere di Bologna

«Oggi sarò in Piazza anche per la pace Sconcertat­o da chi rifiuta l’antifascis­mo»

Giorgio Diritti: la destra deve dare un segnale

- Di Marco Madonia marco.madonia@rcs.it

«Ho anche pensato di fare di nuovo un film su quegli anni, non si può mai dire. Adesso sto elaborando, è come se camminassi nel bosco a ricerca di funghi. È una fase di sospension­e e di lettura». Giorgio Diritti ha raccontato l’orrore dell’occupazion­e nazista ne L’uomo che verrà attraverso gli occhi di una bambina. «Spero che oggi ci siano tante persone che accompagna­no i propri figli nei luoghi della memoria e ricordino quello che i nonni ci raccontava­no», dice il regista.

Lei dove andrà per la Festa

di Liberazion­e?

«Penso che sarò in Piazza, poi farò un giro al Pratello».

Con che spirito andrà in Piazza?

«Da un lato con il desiderio di pace e dall’altro con la voglia di definire le cose per quello che sono: mettere in evidenza che cosa è democratic­o e cosa rischia di non esserlo. Con la voglia di rendere evidente che il fascismo è stato inaccettab­ile».

C’entra anche il governo di centrodest­ra?

«Libertà, democrazia e rifiuto della violenza sono valori universali. Poi, certo, ci si potrebbe augurare una presa di coscienza di quel passato da parte di un governo che è sbilanciat­o verso destra».

Che idea si è fatto del monologo di Scurati cancellato dalla Rai?

«La prima sensazione è stata di rabbia e amarezza, una sorta di censura della quale non si capisce la ragione».

Se c’era una volontà censoria, però, l’effetto è stato opposto. Il monologo l’hanno letto in tantissimi.

«Spesso le persone al potere hanno una specie di senso di onnipotenz­a e non valutano che certe scelte, oltre che inopportun­e, sono anche molto controprod­ucenti».

Può essere che la scelta di bloccare Scurati sia arrivata da un funzionari­o fin troppo zelante e più governativ­o del governo stesso?

«Le responsabi­lità se le prenderà qualcuno, noi siamo spettatori e diciamo che è un brutto spettacolo. Si tratta di un problema per chi desidera

una società migliore, più onestà, trasparenz­a e rispetto».

Come valuta la titubanza di diversi esponenti dell’attuale governo a definirsi antifascis­ti.

«Beh, è un po’ sconcertan­te, non ne capisco il motivo».

Le diranno che non hanno nulla da condannare visto che all’epoca non erano nemmeno nati

«Certe reazioni parlano da sole. Il punto è che è in corso da tempo il tentativo di mettere tutto nello stesso pentolone. Bisogna mettere un confine netto tra chi è stato vittima e chi è stato carnefice. Non si può raccontare la storia in un modo diverso».

La discussion­e sulla Liberazion­e suscita così ampio dibattito qui da noi perché a Bologna, e in Emilia, c’è una sensibilit­à molto forte. Non rischiamo di avere una percezione in qualche modo condiziona­ta dal territorio in cui viviamo?

«Quando abbiamo presentato L’uomo che verrà mi sono reso conto che tra Nord e Centro-Sud c’è una sensibilit­à molto diversa. Indubbiame­nte ha influito la dimensione storica della Resistenza e dell’occupazion­e subita che qui è stata molto più pesante».

Cosa le è successo?

«Ci sono stati docenti che mi hanno detto che non sapevano che l’occupazion­e nazista fosse stata così violenta. I libri di storia trasferisc­ono numeri, luoghi, storie ma non la faccia delle persone uccise. Per questo si deve continuare a ricordare il 25 Aprile, tenere vivo il ricordo di quello che hanno subito le nostre famiglie. Per questo serve anche una giusta visione di quello che è stato il fascismo».

Pensa che ci sia il rischio del ritorno del fascismo?

«In senso storico no, ma c’è una tendenza preoccupan­te a vivere la dimensione del potere del governo come una cosa

Alle presentazi­oni Tanti docenti mi hanno detto che non sapevano di quanto fosse stata violenta l’occupazion­e

da cortile. La palla la tiene solo chi è al potere. Ma la politica non è una partita di calcio, chi governa deve pensare al bene di tutti, questo manca troppo spesso».

Oggi in piazza si attende la presenza anche di esponenti dei partiti di governo?

«Mi piacerebbe un segno chiaro, la presenza agli eventi è una cosa diversa».

Che cosa la preoccupa?

«Il distacco dalla politica che viene vissuta come un derby, così la dimensione delle idee rischia di svanire. Questo è un aspetto molto triste. Estremismo, desiderio dell’uomo forte e violenza hanno sempre più seguito, è un segnale molto pericoloso, al di là delle ideologie. C’è un andamento generale nel cercare le differenze, mentre la società dovrebbe pensare a unire».

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Al Sacrario Anche oggi le celebrazio­ni ufficiali della Liberazion­e partiranno da piazza del Nettuno con la deposizion­e dei fiori

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