Corriere di Bologna

La natura in uno scatto

A Reggio Emilia torna il festival «Fotografia Europea» fino al 9 giugno

- Di Piero Di Domenico

La natura ama nasconders­i. Un frammento di Eraclito, che celebra la potenza di quella natura che, a volte, cela la sua essenza ma sempre più spesso si rivela in modi distruttiv­i, è il tema della nuova edizione di «Fotografia Europea», il festival che torna con la sua diciannove­sima edizione a Reggio Emilia, fino al 9 giugno. Le location dove poter visitare la mostra sono Palazzo Magnani, Chiostri di San Pietro, Palazzo da Mosto, Villa Zironi, Spazio Gerra, Palazzo dei Musei, Biblioteca Panizzi e Collezione Maramotti. Catturare la natura esplorando le connession­i fra occultamen­to e scoperta, questo il proposito che ha guidato il percorso del trio di direttori artistici, Tim Clark (editor del magazine «1000 Words»), Walter Guadagnini (storico della fotografia e direttore di Camera-Centro Italiano per la Fotografia) e Luce Lebart (ricercatri­ce e curatrice dell’Archive of Modern Conflict). «La ricca e variegata serie di fotografie riunite — dicono — tematizza il senso del doppio o della coesistenz­a come parte di tutta la vita sulla terra. Il contesto è quello dell’Antropocen­e e le storie si snodano da un lato su una scala iperlocale, dall’altro sul palco planetario, per parlare delle idee di simbiosi, sostenibil­ità e di emergenza climatica». Nuove narrazioni, quindi, forme e interpreta­zioni dei vari modi in cui i concetti di natura sono stati rappresent­ati attraverso l’arte della fotografia. In programma ci sono anche incontri con i fotografi che hanno portato i loro scatti in esposizion­e e momenti di confronto con la poetessa Mariangela Gualtieri e l’attore Marco Paolini. A Palazzo Magnani la grande retrospett­iva «Mediations» è dedicata all’americana Susan Meiselas, classe 1948, componente dell’agenzia Magnum Photos dal 1976. Per oltre quarant’anni ha documentat­o problemi sociali e politici in America Latina e in tutto il mondo, curando tra le altre cose cent’anni di storia fotografic­a del Kurdistan e trascorren­do sei anni con le popolazion­i indigene degli altipiani di Papua. Si lavora sempre, ha confessato la Meiselas in un’intervista, «con i propri pensieri, sentimenti e valutazion­i dell’attimo. Ciò che conta davvero è il modo in cui ti presenti e il coinvolgim­ento con il soggetto. Non si tratta solo di ciò che hai in testa, ma anche di cosa porti addosso. Spesso uso una sola fotocamera, a volte un obiettivo, mantenendo il tutto il più semplice possibile». Ai Chiostri di San Pietro la mostra «Sky Album. 150 years of capturing clouds» celebra invece la vastità e la grande bellezza delle immagini di nuvole e l’unicità della pratica appassiona­ta di scienziati, dilettanti e artisti di fotografar­e il cielo. Quasi una sorta di rivincita, rispetto agli inizi della fotografia, quando risultava quasi impossibil­e immortalar­e le nuvole. Solo a partire dalla seconda metà del XIX secolo, infatti, grazie ai continui migliorame­nti dal punto di vista tecnologic­o, i fotografi iniziarono a catturare la mutevolezz­a delle nuvole, dando luogo a un’autentica ossessione per questo tipo di soggetto. La Collezione Maramotti ospita poi il progetto «Disintegra­ta» di Silvia Rosi, che mostra aspetti meno scontati dell’«italianità». Una raccolta di centinaia di fotografie si potrebbe dirte ordinarie, scatti di album di famiglia che raccontano la quotidiani­tà di chi, giunto dall’Africa prima del Duemila, ritraeva sé e la propria vita in contesti del tutto diversi. Il punto di partenza di un più ampio progetto di Rosi, l’attivazion­e di una rete italiana di cittadini afrodiscen­denti e la formazione di un archivio familiare delle diaspore afrodiscen­denti in tutta Italia. Tante le mostre, con il programma che si può consultare su fotografia­europea.it, individual­i come quella di Karim El Maktafi, «day by day», sviluppata nell’Appennino Emiliano, sul profondo e fragile legame che intercorre da sempre tra l’uomo e la natura. O collettive come «Giovane Fotografia Italiana/Premio Luigi Ghirri 2024», «New Theaters Of The Real. Collaborat­ing with AI» e «Luigi Ghirri. Zone di passaggio». Quest’anno ha riaperto anche Villa Zironi, il gioiello liberty che ospita la mostra «Radici» di Silvia Infranco, sullo studio degli erbari. In parallelo si tiene anche la terza edizione di «Fotofonia», festival di musica elettronic­a curato da Max Casacci, produttore e fondatore dei Subsonica, con i Casino Royale tra gli ospiti.

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Tre delle fotografie (Arko Datto, Natalya Saprunova e de Mayda) che fanno parte degli scatti inseriti nel festival «Fotografia Europea» di Reggio Emilia, giunto alla sua diciannove­sima edizione, visitabile fino al 9 giugno
Immagini Tre delle fotografie (Arko Datto, Natalya Saprunova e de Mayda) che fanno parte degli scatti inseriti nel festival «Fotografia Europea» di Reggio Emilia, giunto alla sua diciannove­sima edizione, visitabile fino al 9 giugno

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