Mistero Kokoschka l’arte in un romanzo
Nd L’esordiente Bonfiglioli racconta l’amore per Alma
Attraversa i primi convulsi anni del ‘900, le rivoluzioni artistiche ed esistenziali delle avanguardie a Vienna sulla soglia della dissoluzione della Felix Austria e a Berlino, il debutto nel romanzo della bolognese Scilla Bonfiglioli. Si sposta sui furenti campi di battaglia della Grande guerra, poi a Dresda nel 1920. La sposa del vento (Fazi, pagine 336, euro 18) racconta l’arte, gli amori e le psicosi di uno dei grandi protagonisti di quella stagione, Oskar Kokoschka, pittore e scrittore che vedeva fantasmi e scheletri dietro i belletti dorati della Secessione e dell’alta società. Entra nelle sue ossessioni, che in parte ricostruisce, in parte immagina sulla scorta di storie di esoterismo ebraico, come quella del Golem, il fantoccio di creta servitore di un rabbino che a un certo punto si ribella, con un occhio anche a serie come The Alienist. Intesse un viaggio nello scandalo suscitato da tele che deformavano la figura umana, collocandosi in quella corrente definita «Espressionismo», che portava alla luce l’Ur-schrei, l’urlo originario, la ricerca di una verità profonda negata dalle convenzioni. Ma parla anche dell’amore, folle, senza mediazioni, di Kokoschka per Alma Mahler, la vedova del musicista, che dopo una tempestosa convivenza lo abbandonerà, terrorizzata dai fantasmi che non gli danno tregua.
Bonfiglioli darà un nome mitologico a quegli spettri psichici, quello di Lilith, la prima donna o il demone della tempesta secondo tradizioni ebraiche o mesopotamiche. Una figura che emerge nel buio, vestita di rosso, come il fuoco da cui Kokoschka
è stato salvato alla nascita: lo perseguita, gli toglie il sonno, gli deforma la realtà. E il pittore, abbandonato da Alma, arriverà a farsi costruire una bambola a dimensioni naturali che ne riproduce le fattezze, immaginando così di caricare quel feticcio della negatività della dea misteriosa che lo tormenta.
Si costruì una bambola che portava in giro come una donna vera Ho scoperto questa storia in riviste e da Lucarelli Perché non indagare?
In realtà questa non è la prima prova letteraria dell’autrice bolognese, classe 1983. «Sono già usciti con Mondadori due romanzi scritti a quattro mani, di impostazione storica - spiega -. Ma soprattutto ho pubblicato molti thriller in edicola nella collana “Segretissimo”». Laureata in Spettacolo al Dams, ha lavorato in teatro. «Ho cominciato frequentando il forum “Writers Magazine” -racconta - ho partecipato a concorsi e a eventi letterari. Ho inviato i miei lavori a Delos Digital, sito di promozione di autori. In questo modo ho incontrato Franco Forte, coordinatore di alcune di queste edizioni, giornalista e editor di Mondadori, che ha sostenuto me e altri nuovi autori».
La laurea in Dams si sente nella scelta di Kokoschka come protagonista del romanzo: «Oltre a essere pittore, è l’autore di quel testo dirompente che è Assassino speranza delle donne ed è stato scenografo. La passione per la sua opera risale all’adolescenza. Mia madre, guida turistica, mi portava in giro con sé e mi ha influenzato. Mi sono interessata a Kokoschka anche grazie a una gita a Vienna, ai tempi delle superiori. Ma la storia centrale del libro, quella della costruzione della bambola, che lui si porta in giro come se fosse una donna vera, l’ho scoperta di recente, in riviste d’arte e, marginalmente, in un podcast di Carlo Lucarelli. Mi sono domandata perché nessuno ne abbia fatto un romanzo».