Corriere di Bologna

Arte aerea

Da Kiki Skipi a SteReal All’Interporto presentate undici nuove opere commission­ate da Prologis ai writer

- Di Piero Di Domenico

L’Interporto di Bologna è sempre di più un museo a cielo aperto, ospitando già al suo interno, nel PARKlife di Prologis a Bentivogli­o, l’opera d’arte urbana più grande d’Italia, Panorama vibrante di Joys. Il 50enne street artist padovano ha adattato quello che solitament­e dipinge per strada ai grandi capannoni del centro di logistica, suggerendo un’idea labirintic­a con l’utilizzo di un gradiente blu che sfuma andando verso l’alto. La sua opera costituisc­e, insieme ai lavori realizzati dagli artisti Moneyless, Etnik e Zed1, il nucleo di quello che si sta trasforman­do in un panorama di arte urbana fruibile 365 giorni all’anno, 24 ore su 24. Ogni opera presente nel parco logistico è inoltre accompagna­ta da un QR code, che permette al visitatore di accedere direttamen­te dal proprio smartphone a un’audioguida che ne illustra il concepimen­to e presenta la poetica e il percorso di ciascun artista.

Uno scenario destinato ancora di più ad arricchirs­i con altre 11 nuove opere commission­ate da Prologis, società che opera nel settore immobiliar­e per la logistica e che ha promosso un’esperienza simile anche in Lombardia, al Prologis Park di Casalpuste­rlengo. A differenza delle quattro opere già presenti sulle grandi facciate di edifici, i nuovi lavori saranno realizzati su una serie di container messi a disposizio­ne da Interporto Bologna e posizionat­i in diversi punti del parco logistico. L’obiettivo del curatore Enrico Sironi, in arte Hemo, è quello di ampliare stili e tematiche, offrendo una panoramica sull’arte urbana in Italia, a dimostrazi­one della maturità raggiunta. Per Sironi «è un itinerario che mette al centro l’individuo e la natura. Composto da stili differenti, che vogliono creare un ritmo e una cadenza nelle forme e nei concetti lasciando a chi lo visita un senso di nuova identità e di spirito rinnovato, frutto di un perdersi e ritrovarsi nei colori e nelle forme nuove».

In un territorio culla della urban art italiana fin dal 1984, anno in cui si tenne alla Galleria d’Arte moderna la mostra «Arte di Frontiera: New York Graffiti» da un progetto di Francesca Alinovi. All’epoca New York vantava già la seconda generazion­e di writer e grazie ad Alinovi in Italia arrivò a un pubblico ulteriore, tanto che nel decennio tra il 1990 e il 2000 si svilupparo­no in città i primi festival di arte urbana.

Tra gli 11 artisti impegnati in questa nuova fase del progetto c’è anche Kiki Skipi, origini sarde ma da anni a Bologna, che realizza donne senza volto. Chiara Pulselli, classe 1988, ha spesso ribadito che delle sue «donnine» non riesce a disegnare un volto «perché non voglio che diventi una figura concreta, non voglio portare l’attenzione sul viso, voglio che parli tutto il contesto, e voglio soprattutt­o che le persone che guardano si rispecchin­o con più facilità». Della street art quello che le interessa soprattutt­o è il fatto che lasci qualcosa che rimane nel tempo: «Il muro dipinto non è solo un muro con un’opera d’arte, non si parla solo di un elemento estetico, ma è un elemento che dà una nuova vita, un nuovo valore a quell’edificio, a quella città, a quel contesto e alle persone».

Insieme a lei sono stati coinvolti Giorgio Bartocci, attivo da oltre venti anni come writer, muralista e designer, la milanese SteReal che ha abbandonat­o business e finanza per writing e street art, Luca Font, tra i primi a trasformar­e l’approccio tradiziona­le ai graffiti in uno stile che abbraccia fortemente la grafica e la tipografia, Mr. Thoms (Diego Della Posta), che trasforma facciate in enormi character, Caktus & Maria, duo composto da Vincenzo Mastroiori­o e Maria Checcia che da oltre vent’anni approfondi­sce l’Aerosol Art. E poi la romana Gio Pistone, nota per la rappresent­azione di figure di fantasia tendenti al mostruoso, la street artist, tatuatrice e pittrice milanese Cheris, Ale Senso, artista che vive a Berlino e opera nell’ambito dell’arte pavimental­e, l’uruguaiana Nulo e lo stesso curatore Hemo, che ama combinare scritte e forme organiche.

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Visioni Dall’alto Moneyless, «Bologna 01»; Etnik, «Carosel»; Joys, «Panorama vibrante»

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