Ravenna, via con Muti
Il maestro dirige i Wiener Philarmoniker nel primo concerto del festival in un Pala De André sold out
L’ultima volta dei Wiener Philarmoniker a Ravenna era stata nel 2021, con due concerti quando erano attivi i «protocolli Covid», ma la loro prima volta era stata nel 1992. Domani sera toccherà proprio ai Wiener inaugurare il 35esimo «Ravenna Festival», alle 21 in un Pala De André già sold out. Sul podio Riccardo Muti, legato ai filarmonici viennesi fin dal 1971, da quando Herbert von Karajan lo chiamò a dirigerli a Salisburgo, come ha ricordato lo stesso Muti: «Ho diretto i filarmonici la prima volta 53 anni fa a Salisburgo, su invito di Karajan, e da allora il nostro rapporto non si è mai interrotto. Anzi, con il tempo la nostra collaborazione si è rafforzata, tant’è che mi hanno chiesto di dirigere il mio settimo concerto di Capodanno a Vienna, il primo gennaio 2025. Il fatto che i Wiener in questa occasione così speciale abbiano voluto un direttore italiano, e napoletano, mi riempie di orgoglio. C’è un’intesa speciale, a volte basta anche solo uno sguardo. E quando suoniamo Beethoven l’intesa è forse più forte perché questa musica è nel loro dna». Dopo più di 500 concerti e la nomina a membro onorario perché, aveva detto il presidente, il violinista Daniel Froschauer, «Muti ha plasmato in modo unico il repertorio e il suono della nostra orchestra», i Wiener hanno indicato il direttore italiano per il prossimo «Neujahrskonzert» 2025, il tradizionale appuntamento nel Musikverein di Vienna, suggellando così la sua settima presenza sul podio. Nei giorni scorsi sempre Muti era stato scelto dai filarmonici viennesi per celebrare in quattro concerti il bicentenario della Nona di Beethoven. A due secoli dalla prima esecuzione, il 7 maggio 1824 a Vienna, al Theater am Kärntnertor, di una sinfonia la cui ultima parte, l’Inno alla gioia su testo di Schiller, è divenuto l’inno dell’Europa. Con Beethoven, già sordo e malato, che era presente in sala. Se per Froschauer Muti ha svolto «un ruolo eccezionale nella storia dei Wiener», in più occasioni lo stesso direttore ha
Ho diretto i filarmonici la prima volta 53 anni fa a Salisburgo, su invito di Karajan, e da allora il nostro rapporto non si è mai interrotto Anzi col tmepo si è rafforzato
ammesso «di aver imparato molto dai Wiener: il senso del fraseggio, il timbro, il colore, la cultura mitteleuropea, un tipo di suono che unito alla mia cultura italiana costituisce quella combinazione che ho sempre cercato di trasmettere a tutte le orchestre che ho diretto».
Il programma di stasera si aprirà con la Sinfonia Haffner di Mozart, del 1762, inizialmente concepita come serenata commissionata dalla famiglia Haffner di Salisburgo. Mozart la scrisse in pochi giorni per poi ritoccarla e tagliarla, dandogli appunto la definitiva veste di sinfonia ed eseguirla nel principale teatro viennese. Più sofferto il processo di composizione della Grande, l’ultima sinfonia di Schubert, che seguirà. Completata nel 1828 pochi mesi prima di morire, ritrovata da Schumann nelle sue carte solo nel 1839 ed eseguita infine per la prima volta sotto la direzione di Mendelssohn. Una partitura ambiziosa in cui il compositore «forza» dall’interno gli equilibri della forma classica per prefigurare temi del sinfonismo romantico. Nell’ultimo movimento affiora poi un omaggio accorato alla musica del venerato Beethoven, con un richiamo al già citato Inno alla gioia .A suggellare un’ideale continuazione con i concerti in Austria che i Wiener e Muti hanno dedicato alla Nona dal 4 al 7 maggio scorsi.