Il viandante del pensiero
Dalla fotografia alla teologia: un filosofo eclettico che anticipò la modernità La figura di Walter Benjamin al centro del saggio-romanzo di Paolo Pagani
Una costellazione di temi solo in apparenza inconciliabili come il messianismo teologico, i giocattoli, i romanzi gialli, l’arte, il dramma barocco tedesco, la radio, la fotografia, i nuovi media, le esperienze allucinogene con gli stupefacenti. Sono quelli che gravitano attorno alla figura di Walter Benjamin, filosofo atipico e inafferrabile nato nel 1892 a Berlino. Al centro del volume In cammino con Walter Benjamin. Il naufragio di un genio e le idee della sua epoca (Neri Pozza). Il suo autore, Paolo Pagani, giornalista che collabora al «Domenicale» del Sole 24 Ore, lo presenterà oggi alle 18 alla libreria Zanichelli di piazza Galvani in dialogo con il filosofo Stefano Bonaga.
In parte biografia e in parte reportage, in parte narrazione romanzesca e in parte memoir, dagli inizi del Secolo Breve sino allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il volume segue Benjamin passo passo. Così come le idee della sua epoca e i formidabili ingegni del suo tempo, da Bloch ad Adorno, da Horkheimer a Brecht, da Arendt a Joseph Roth. Un viaggio che inizia dalla fine, dalla stanza numero 4 dell’hotel di PortBou, al confine tra Francia e Spagna, dove intorno alle dieci di sera del 26 settembre 1940, sopraffatto dalla tragedia della Storia e dalle assurdità degli uomini, Walter Benjamin ingoia una dose letale di pillole di morfina e muore. A un soffio dalla salvezza, dato che il visto che aspettava per imbarcarsi per gli Stati Uniti arrivò il giorno dopo.
Di Benjamin, Pagani apprezza soprattutto il suo essere eclettico: «Persino l’essere sradicato, l’erranza, è segno di modernità. Il viandante sempre precario allude alla irriducibilità di una condizione universalistica, slegata da ogni chiusura autarchica. E poi c’è la concezione del passato e della Storia, un’importante lezione sul recupero di ciò che è stato ma senza cedere alla nostalgia, dandogli invece nuova vita e senso in vista del futuro. Benjamin è uno scrittore sublime, la cui lettura costituisce addirittura un’esperienza sensoriale, che non smette di interpellarci a quasi un secolo di distanza». Ma Benjamin, con la sua filosofia della Storia, continua Pagani, ci dice anche della necessità di recuperare gli «scarti», le vittime innocenti delle sciagure del passato: «Convinto che senza indicare prospettive rivoluzionarie il futuro sia fatalmente compromesso, si costituisca a immagine e somiglianza di ciò che è stato. Il magnifico quadretto di Paul Klee che nel 1921 compra a Monaco a una mostra del pittore austriaco, il celebre Angelus Novus, gli ispira questo pensiero drastico. L’Angelo della Storia dagli occhi spalancati e con il volto girato di spalle, rivolto cioè al passato, suggerisce a Walter che “la Storia regredisce verso il futuro, insomma, non progredisce”. Non dobbiamo cullare ottimismi di maniera, non sta scritto da nessuna parte che domani sarà meglio di oggi. Non è solo pessimismo quello di Benjamin, ma è il realismo di chi comprende, guardando la realtà senza gli occhiali rosa. L’epoca di Benjamin, una stagione di transizione tra due devastanti guerre mondiali, somiglia peraltro non poco a quella che stiamo abitando, attraversata dalla polverizzazione di ogni certezza e stabilità».
Non siamo davanti al pessimismo Il suo è il realismo di chi comprende, guardando la realtà senza gli occhiali rosa