Corriere di Bologna

Al Dehon rivivono Don Camillo e Peppone «Ci parlano ancora»

- Paola Gabrielli

Appuntamen­to con omaggio, sabato e domenica, al Teatro Dehon. Perché ad andare in scena sul palco di via Libia è Don Camillo e Peppone (domani ore 21, domenica ore 16. Biglietti su Vivaticket). Chi non conosce la saga con Fernandel e Gino Cervi, personaggi nati dalla fantasia di Giovannino Guareschi immersi in quel paese immaginari­o la cui ambientazi­one fa tanto pianura emiliana?

Il prete e il comunista, il crocefisso e la falce e martello. Uno parla col Cristo dall’altare. L’altro fa comizi in piazza. Due mondi opposti, dentro quello quel mondo piccolo. E tornando al presente, questo particolar­e allestimen­to a cura della compagnia bolognese La Ragnatela con la regia di Vincenzo Forni, si avvale del testo di Guido Ferrarini, l’attore, regista e autore bolognese, fondatore e presidente di Teatroaper­to/ Teatro Dehon scomparso nel 2021. Ed è a lui che è rivolto questo particolar­e omaggio.

«Già da tempo – racconta Forni – Ferrarini chiedeva alla nostra compagnia di rimettere in scena questo spettacolo che lui aveva scritto nel 1988. Ci promise tutto, dalla scenografi­a ai costumi, cosa che riuscì a fare prima di lasciarci».

L’allestimen­to è quindi quello originale, arricchito da alcuni elementi. E qui si inserisce un’altra vicenda che la dice lunga sul percorso dello spettacolo la cui scenografi­a era dapprima pensata anche da Davide Amadei, venuto purtroppo a mancare nell’aprile dello scorso anno.

«Abbiamo cercato di renderlo più vivo che mai – continua Forni – inserendo parti di scene lasciate da Davide e scegliendo le musiche di Alessandro Cicognini, le stesse utilizzate nella saga».

Quanto al testo, che si presenta come una sorta di compendio delle varie puntate tratte dal Guareschi, «può essere letto in tanti modi diversi. Qualcuno ha parlato di novella morale, senz’altro ha indiscussi aspetti politici ed è ricco di riferiment­i storici. Troviamo gli scioperi agricoli nel parmense di inizi ‘900, sanguinose lotte sindacali, la cosiddetta amnistia concessa da Togliatti nel ‘46, le vicende legate all’Oro di Dongo. Un testo di fantasia, ma anche reale». E attuale. «Gli uomini rimangono sempre uomini, dice il prologo. E lo ritroviamo anche oggi tra lotte politiche, intrighi familiari, violenze, senso civico, rispetto. Un classico che parla al cuore». Nella commedia Don Camillo è Maurizio Ceneri, Marco Fini è Peppone e lo stesso Forni interpreta la voce di Cristo. Due mondi così opposti? «C’è una frase di Guareschi che dice: “Là tira un’aria speciale che va bene sia per i vivi che per i morti. Là hanno un’anima anche i cani”. Allora non ci si stupisce che i due nemici si trovino alla fine d’accordo sulle cose essenziali».

È notorio che le riprese della saga siano state girate negli anni Cinquanta per lo più a Brescello, nel reggiano. «L’Emilia la si respira in ogni parola. Vengo dalla Bassa, da noi certe tradizioni si sentono ancora. L’Emilia si vede anche dal palcosceni­co volutament­e ampio che sembra ricordare quella terra grassa e piatta».

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In scena Da sinistra Marco Fini e Maurizio Ceneri
nd In scena Da sinistra Marco Fini e Maurizio Ceneri

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