Gifuni: «Io, custode di storia e memoria»
Nd L’attore oggi apre il Festival di Mirandola
Aldo Moro, Pasolini, Basaglia, De Gasperi e Paolo VI. Basterebbe questo breve elenco di personaggi interpretati sul palcoscenico, in tivù e al cinema, per testimoniare quanto sia importante la memoria, soprattutto della storia recente, per Fabrizio Gifuni. Il 58enne attore romano avrà oggi il compito di aprire la nona edizione del «Memoria Festival» di Mirandola, nel modenese, patria del filosofo umanista Pico della Mirandola, dalla proverbiale e mirabolante capacità mnemonica.
Alle 17,30, nel Parco della
Memoria, Gifuni dialogherà con lo storico del cinema Gian Piero Brunetta sul mestiere di attore.
«Da anni - esordisce l’interprete di Esterno notte di Bellocchio - ragiono sul fatto che in fondo gli attori siano un po’ gli ultimi depositari dell’arte della memoria, della mnemotecnica, in un’epoca come la nostra dove la memoria si è svuotata in hard disk e telefonini. Siamo un po’ gli ultimi custodi dell’arte di mandare a memoria, grazie a esercizi antichissimi. Ma non è solo un dato tecnico, perché tutti i personaggi che mi hanno attraversato si sono depositati in me, rendendomi una persona diversa da com’ero. Cinema, teatro, tv, possono essere tutti strumenti di memoria attiva».
Da iniettare in dosi che sembrano ancor più necessarie quando si parla di passato prossimo più che di tempi remoti, di ciò che ci siamo appena lasciati alle spalle.
Per Gifuni si tratta di un terreno scivoloso: «Negli ultimi decenni c’è stata una rivoluzione che non mi sarei mai aspettato quando ero giovane. Una memoria che si riteneva condivisa una volta per tutte si è mostrata non più tale, a partire dal flagello fascista. Quando invece si parla di Risorgimento o di storia medievale, allontanan
dosi dal presente, il dibattito resta aspro ma più tra gli addetti ai lavori. Dobbiamo però ricordare la responsabilità che comporta il fare memoria, perché si può fare anche male, non basta realizzare un film su un personaggio. Quando ho interpretato Basaglia, Moro o Pippo Fava ogni volta ho sempre sentito un impegno forte verso la collettività. Poi a un certo punto bisogna anche liberarsi per non rischiare di restarne stritolati, ma io ho sempre seguito un’etica del lavoro, che mi ha portato a fare questo mestiere e a non pentirmene mai». Il teatro resta la grande passione di Gifuni, «perché lì c’è ancora un ascolto fatto di silenzi, di un tempo sospeso in cui c’è un confronto libero di idee, di occasioni, che passano attraverso l’esperienza dei corpi e la chiave fondamentale del gioco. Il teatro resta irriproducibile perché non si può fare senza gli spettatori, protagonisti anch’essi. Un rito antico che si rinnova da quando i cittadini greci andavano al tramonto ad ascoltare storie che avevano a che fare con la loro vita sociale e privata. Per loro era come andare al mercato, solo molto dopo il teatro è stato collegato all’idea di un tempo libero rispetto a un tempo produttivo. Dobbiamo sempre chiederci, però, se c’entra ancora con quello che ci sta succedendo oggi».
Il festival, programma su memoriafestival.it, proseguirà fino a domenica, tema «Lettere al futuro», con ospiti, tra gli altri, Massimo Recalcati, Morgan, Lucetta Scaraffia, Marco Lodoli e Iva Zanicchi.