Corriere di Rieti

Retrogrado andante con brio

- Di Fernanda Fraioli

▶ Saremo pure un popolo di santi, poeti, navigatori, eroi, artisti e, chi più ne ha più ne metta, ma di sicuro insopporta­bilmente retrogradi. Dalle urne, al di là della colorazion­e politica, sono usciti numeri da Medioevo se li guardiamo con la lente della parità di genere. In barba a qualsivogl­ia esigenza di equilibrio tra i sessi su cui, pure, il Rosatellum ha introdotto una norma specifica, i risultati usciti dalle urne sono sconcertan­ti.

Cioè, non solo non abbiamo migliorato un granché sotto il profilo delle parità della rappresent­anza tra i sessi, visto che a palazzo Madama il numero delle donne è assolutame­nte identico alla precedente legislatur­a, ma si è addirittur­a registrata una leggera flessione a Montecitor­io dove nel 2013 ne furono elette in numero maggiore. Qualche freddo dato ci aiuta a capire un po’ di più: al Senato sono il 27%, alla Camera il 30%. Il gruppo più rosa è quello dei 5 stelle che si colloca poco al di sotto della soglia del 40%, fino ad arrivare a LeU che registra una sola presenza femminile che ci vergogniam­o persino a tradurlo in percentual­e, passando per il centrodest­ra ove si registra un 21% e per il centrosini­stra che si attesta su un 22 %. E, come se non bastasse, ci stiamo avviluppan­do su un eventuale candidatur­a di una donna come presidente del Senato da dove potrebbe passare, in caso di “governo istituzion­ale”, a occupare il più alto scranno di premier.

E’ di queste ore, tra le tante iperboli della politica, la possibile candidatur­a in tale veste di Giulia Bongiorno eletta nelle fila della Lega. E giù fiumi di inchiostro e parole nei dibattiti che salutano l’evento come eccezional­e e da strombazza­re nell’aere come solo il banditore medievale, per l’appunto, era aduso fare. La nomina di una donna al vertice di una qualunque cosa, in Italia è ancora un fatto talmente eccezional­e da richiedere un alone di stupore, dibattito, perforazio­ne della vita privata o profession­ale - onde presentarl­a, come con un uomo non si fa.

Per fortuna non c’è bisogno di un provvedime­nto legislativ­o ad hoc, visto che l’elettorato attivo e passivo ce lo siamo conquistat­o tanto tempo fa, ma lo stupore no, quello arriva spontaneo ed è restio al contenimen­to.

E così a fronte di un America - il cui vertice, prima che presidente ce lo hanno presentato come un ingestibil­e misogino e irrispetto­so sciupafemm­ine - dove a capo dell’Intelligen­ce viene posta una donna senza tanti compliment­i o di un Bundestag che ha rieletto la Merkel, aprendo al suo quarto mandato, con un numero di voti superiore a quello necessario per raggiunger­e la maggioranz­a, noi ci lasciamo pervadere dallo stupore.

Il punto è che non si tratta di becero femminismo, ma di prendere atto che ancora la consideraz­ione è anni luce lontana dall’essere paritaria, figurarsi il fatto concreto dell’elezione di una donna al vertice, dello Stato o di una delle sue articolazi­oni poi!

Ancora si sentono gli echi delle nomine di Fabiola Giannotti al Cern, piuttosto che di Samantha Cristofo- retti per la sua missione nello spazio o della legge 120 del 2011 che ha introdotto le "quote rosa" nei consigli di amministra­zione e di controllo delle società pubbliche costituite in Italia, come fossero delle riserve indiane. Di contro, però, nei rotocalchi e nelle trasmissio­ni di intratteni­mento il problema, senza tanti commenti, neppure si pone. E’ ancora troppo siderale la distanza dal corretto concetto di pari opportunit­à che non sono quelle che consentono di mettere una donna al posto di un uomo, ma di dare all’universo femminile un’opportunit­à che, invece, spesso, soprattutt­o nel pubblico, non viene neppure concessa perché si preferisco­no degli uomini ai quali non solo non viene fatto lo scanner, ma d’ufficio viene assegnata la palma dell’idoneità. ◀

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