Retrogrado andante con brio
▶ Saremo pure un popolo di santi, poeti, navigatori, eroi, artisti e, chi più ne ha più ne metta, ma di sicuro insopportabilmente retrogradi. Dalle urne, al di là della colorazione politica, sono usciti numeri da Medioevo se li guardiamo con la lente della parità di genere. In barba a qualsivoglia esigenza di equilibrio tra i sessi su cui, pure, il Rosatellum ha introdotto una norma specifica, i risultati usciti dalle urne sono sconcertanti.
Cioè, non solo non abbiamo migliorato un granché sotto il profilo delle parità della rappresentanza tra i sessi, visto che a palazzo Madama il numero delle donne è assolutamente identico alla precedente legislatura, ma si è addirittura registrata una leggera flessione a Montecitorio dove nel 2013 ne furono elette in numero maggiore. Qualche freddo dato ci aiuta a capire un po’ di più: al Senato sono il 27%, alla Camera il 30%. Il gruppo più rosa è quello dei 5 stelle che si colloca poco al di sotto della soglia del 40%, fino ad arrivare a LeU che registra una sola presenza femminile che ci vergogniamo persino a tradurlo in percentuale, passando per il centrodestra ove si registra un 21% e per il centrosinistra che si attesta su un 22 %. E, come se non bastasse, ci stiamo avviluppando su un eventuale candidatura di una donna come presidente del Senato da dove potrebbe passare, in caso di “governo istituzionale”, a occupare il più alto scranno di premier.
E’ di queste ore, tra le tante iperboli della politica, la possibile candidatura in tale veste di Giulia Bongiorno eletta nelle fila della Lega. E giù fiumi di inchiostro e parole nei dibattiti che salutano l’evento come eccezionale e da strombazzare nell’aere come solo il banditore medievale, per l’appunto, era aduso fare. La nomina di una donna al vertice di una qualunque cosa, in Italia è ancora un fatto talmente eccezionale da richiedere un alone di stupore, dibattito, perforazione della vita privata o professionale - onde presentarla, come con un uomo non si fa.
Per fortuna non c’è bisogno di un provvedimento legislativo ad hoc, visto che l’elettorato attivo e passivo ce lo siamo conquistato tanto tempo fa, ma lo stupore no, quello arriva spontaneo ed è restio al contenimento.
E così a fronte di un America - il cui vertice, prima che presidente ce lo hanno presentato come un ingestibile misogino e irrispettoso sciupafemmine - dove a capo dell’Intelligence viene posta una donna senza tanti complimenti o di un Bundestag che ha rieletto la Merkel, aprendo al suo quarto mandato, con un numero di voti superiore a quello necessario per raggiungere la maggioranza, noi ci lasciamo pervadere dallo stupore.
Il punto è che non si tratta di becero femminismo, ma di prendere atto che ancora la considerazione è anni luce lontana dall’essere paritaria, figurarsi il fatto concreto dell’elezione di una donna al vertice, dello Stato o di una delle sue articolazioni poi!
Ancora si sentono gli echi delle nomine di Fabiola Giannotti al Cern, piuttosto che di Samantha Cristofo- retti per la sua missione nello spazio o della legge 120 del 2011 che ha introdotto le "quote rosa" nei consigli di amministrazione e di controllo delle società pubbliche costituite in Italia, come fossero delle riserve indiane. Di contro, però, nei rotocalchi e nelle trasmissioni di intrattenimento il problema, senza tanti commenti, neppure si pone. E’ ancora troppo siderale la distanza dal corretto concetto di pari opportunità che non sono quelle che consentono di mettere una donna al posto di un uomo, ma di dare all’universo femminile un’opportunità che, invece, spesso, soprattutto nel pubblico, non viene neppure concessa perché si preferiscono degli uomini ai quali non solo non viene fatto lo scanner, ma d’ufficio viene assegnata la palma dell’idoneità. ◀