“Loro” e l’indotto berlusconiano
▸
Lui e "Loro", ovvero l'arte di campare con l'indotto sempreverde del berlusconismo. Lui è ovviamente Silvio Berlusconi e "Loro" non è soltanto l'ultimo film di Paolo Sorrentino - dedicato alle così dette cene eleganti di Arcore, al bunga bunga e a tutti i veri o presunti vizi privati dell'ex premier -, ma è il pronome personale che raccoglie lo sterminato insieme degli odiatori ingrassati dal ventennio abbondante di contrapposizione all'uomo che ha importato il bipolarismo in Italia. Del film di Sorrentino si sa già quanto basta, le prime sequenze cupe e lubriche non fanno che confermare le intenzioni poco pietose del regista, nonché un tratto stilistico abbastanza ripetitivo e inchiodato alla "Grande bellezza".
Ma qui non si parla di cinema. Si mette invece a tema un fenomeno sottoculturale, il cui precedente più noto sta nel "Caimano" di Nanni Moretti (2006), nel quale convivono due tic caratteristici del paesaggio intellettuale di sinistra: l'ossessione morbosa per la vita privata di Berlusconi e la necessità di accoppiare il pranzo con la cena lucrando sulla figura dell'arcinemico e sulla quantità non trascurabile di consumatori antipatizzanti, ma sopra tutto paganti, polarizzati negli anni intorno a lui. Siano peccati o reati, scappatelle innocenti o tenebrose nottate pasoliniane in stile "120 giornate di Sodoma", in ogni caso i conturbanti scheletri riposti negli armadi della memorialistica berlusconiana rappresentano una riserva aurea che ha fatto la fortuna di giornali (pensate al Gruppo Espresso-Repubblica e alla banda del Fatto Quotidiano), conduttori televisivi (Michele Santoro su tutti), comici e, appunto, registi blasonati nel libro d'oro della nobiltà goscista; ma pure campioni della parodia porno come Andy Casanova ("Bunga bunga presidente", 2011). E via così fino a scendere al più elementare livello della saggistica e della narrativa per iniziati al culto (Giuseppe Caruso, "Chi ha ucciso Silvio Berlusconi", Ponte alle Grazie 2005); oppure, risalendo li rami della poesia, per eruditi di genio come Tommaso Cerno, ex condirettore di Repubblica oggi entrato in politica con il Pd, autore di un "Inferno" berlusconiano in terzine dantesche (Rizzoli, 2013). Nei meandri di questa economia nemmeno tanto sommersa, ora si colloca da par suo il premio Oscar Sorrentino, il quale durante le riprese beneficiò perfino dell'ospitalità e di un invito a pranzo da parte del Cavaliere, ingenuo come d'abitudi- ne. Oggi il suo avvocato Niccolò Ghedini commenta con senso della misura: "Non credo che Sorrentino, che è un bravo regista, si sia spinto oltre i confini del diritto di satira o di critica. Certo, poi vedremo e decideremo se fare qualcosa. Ma non abbiamo fatto nulla per fermare neanche 'Il Caimano' di Moretti, che pure finiva con l'incendio del tribunale". Chissà.
Non è dato sapere se la pellicola di Sorrentino supererà indenne il fuoco delle polemiche in vista, certo è che gli incassi che ne deriveranno s'annunciano promettenti. Ma fino a quando? E arriviamo al cuore della questione. C'è una verità sottaciuta, avvolta nel clima crepuscolare dell'operazione Sorrentino. Una verità fatta di nostalgia e piccola furbizia: l'attesa del ritorno in grande stile del Caimano, la speranza di una sua non trionfale ma sonante vittoria nelle urne del 4 marzo. Insomma la riconquistata centralità politica e mediatica del Cavaliere, fonte inesausta d'ispirazione e profitti. Così non è stato, perché Berlusconi è uscito ammaccato dal voto, superato dalla Lega e indebolito dall'estinzione del renzismo (tendenza Patto del Nazareno). Non sappiamo se e quanto Matteo Salvini si rivelerà potente e cinematografico, in futuro, fatto sta che al momento è svanita l'illusione di tornare alle origini dell' unica grande avventura che ha tenuto insieme un po' tutte le sinistre. Dal che si dimostrano due cose essenziali. La prima è che gli intellettuali italiani, impigriti e autoreferenziali, campano per lo più di rendite facili e residuali. La seconda è che Silvio Berlusconi, per quanto vetusto e umbratile possa ormai essere, a distanza di decenni rimane comunqueilnumerounodeinumeriprimi.B