Telefona la Lega e il Pd non sta nella pelle: c’è posto anche per loro
Prima le dichiarazioni di Franceschini che apre a un’ipotesi per tutti insieme, poi la disponibilità di Martina a un confronto con tutti per le Camere. Arriva la chiamata dal Carroccio
▸ ROM - Alla fine il Pd è entrato in partita nonostante le dichiarazioni della vigilia. Ieri sera il reggente Maurizio Martina ha ricevuto la telefonata di Matteo Salvini che ha provato a coinvolgerli (lo ha fatto anche con Piero Grasso) nella discussione sulla presidenza delle Camere.
Poco prima lo stesso Martina, che non sembrava affatto dispiaciuto di essere chiamato in partita, aveva fatto filtrare alle agenzie una certa disponibilità, richiamando la "netta separazione tra la scelta delle presidenze di Camera e Senato e i temi di governo" e facendo capire che sulle Camere occorreva "un confronto istituzionale trasparente tra tutte le forze parlamentari per individuare figure di garanzia, autorevoli e rappresentative e non, invece, forzature di parte". Ma ieri a tenere banco era stata una intervista di Dario Franceschini che ipotizzava una reggenza collettiva della legilsatura per fare le riforme istituzionali che sono mancate fino a qui. Non c'è stato un tripudio di consenso, anche perché realisticamente la condizione politica attuale è la più distante possibile da quella ipotesi. Ma il senso di Franceschini segue quella ipotesi di "tutti in the box" che sarà sicuramente caldeggiata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
A commentare Franceschini ci ha pensato il presidente del Pd, Matteo Orfini: "Governo di tutti per riforme come chiesto da Franceschini? Mi sembra un'ipotesi di scuola, nel senso che non mi pare che ci sia la disponibilità delle principali forze del Paese, di quelle che hanno vinto le elezioni e che richiedono di fare un governo politico". Orfini lo ha spiegato in un colloquio con l'agenzia LaPresse a margine di un evento al circolo Pd Trionfale-Mazzini a Roma, aggiungendo: "L'onere della proposta sta a chi ha vinto e siccome c'è la rivendicazione del risultato, a noi spetta di fare opposizione, come detto in direzione, al governo che nascerà (se lo farà) fatto da chi ha vinto le elezioni".
Il presidente del Pd ha poi parlato delle questioni interne al partito: "Io non penso", ha detto, "che possiamo partire considerando il tasso di vicinanza a Renzi come un difetto o un pregio. Ci sono personalità che hanno la caratteristiche per fare i capigruppo, è giusto che ci sia una collegialità, ci siamo tutti assunti come impegno di ragionare collegialmente". Ma Orfini si è messo di traverso alle primarie: "Non credo ci servano oggi, anche se ho dei dubbi sul cambiare il modo di scelta della leadership. Non dobbiamo far scegliere il nostro segretario agli editorialisti dei giornali. Cerchiamo di capire come reimmaginare la nostra organizzazione o rischiamo di estinguerci. Non possiamo stare a parlare due anni tra di noi prima di una nuova sconfitta", ha aggiunto.
Infine ha ovviamente difeso quel che è avvenuto negli ultimi anni: "Non penso", ha detto, "che abbiamo governato male, ma bene e abbiamo dimostrato un riformismo che nella sinistra raramente si era visto. È stato un riformismo di qualità, credo che abbiamo fatto tanto". ◀