Si prova Luigi e Matteo presidenti
Potrebbe prendere forma una soluzione clamorosa: Di Maio e Salvini alla guida di Montecitorio e Palazzo Madama
▸ ROMA - O è strappo o è il caos. Mancano quattro giorni alla prima riunione del Parlamento per l’elezione dei presidenti che guideranno Camera e Senato della 18esima legislatura e tutto appare sempre più in alto mare. Le urne hanno creato premesse tutt’altro che facili su cui costruire certezze. Per uscire dall’empasse, rumors di palazzo ipotizzano che Luigi Di Maio e Matteo Salvini sarebbero tentati dall’idea di candidarsi loro alla presidenza dei due rami del Parlamento, così da poter guidare le consultazioni ed eventualmente avere il mandato esplorativo.
I contatti proseguono, sono fitti, e c’è chi sottolinea che questa ultima trovata è difficile da mantenere separata da un progetto di governo insieme. Una cosa è certa, nella posizione peggiore in questo momento è Salvini, ma la candidatura a palazzo Madama potrebbe rispondere a una richiesta degli stessi alleati Forza Italia e Fratelli d’Italia e tranquillizzare i rapporti. Berlusconi non ha alcuna intenzione di restare ai margini della trattativa più importante e se nelle ultime ore il nome di Paolo Romani sembra aver perso appeal, il partito azzurro, secondo quanto si apprende, sta puntando i piedi e mentre Salvini prosegue con le trattative, emissari di Berlusconi, dicono fidatissimi, hanno già avuto più di un incontro informale con i pontieri del Partito democratico.
In tutto questo il Pd resta, apparentemente, a guardare aspettando che il gioco si faccia duro. In realtà in questo momento la palla è nelle sole mani del leader del Carroccio. Due le opzioni: tenere salda la coalizione e cedere il Senato agli azzurri o la Camera a Fratelli d’Italia o Pd, oppure confermare le mire sulla seconda carica dello Stato e consegnare Montecitorio alle truppe pentastellate. Quest’ultima opzione farebbe saltare l’alleanza con l’unica prospettiva che Lega e M5S si votino da soli i due presidenti e, anche con fatica, riuscirebbero nell’impresa. Al momento, per Salvini, sullo scranno più alto del Senato sono due i nomi - Roberto Calderoli o Giulia Bongiorno - mentre Di Maio preferirebbe giocarsi la carta Riccardo Fraccaro, piuttosto che quella di Emilio Carelli. Il fedelissimo infatti è tra i maggiori sostenitori dell’abolizione dei vitalizi e come ha detto lo stesso capo politico “per questo bisogna individuare un arbitro per questa partita”.
Una cosa è certa Di Maio non ha alcuna intenzione di mollare la presa. “Sarà una settimana emozionante” assicura confermando lo stile istituzionale che lo distingue dal 4 marzo: “Siamo disponibili a ragionare con ampio dialogo con tutti”. Attenzione, però, “prima il metodo poi i nomi e ribadisco no a condannati e a persone sotto processo per presidenze”. Un messaggio chiaro a Salvini: né Romani né Calderoli. Nei fatti è Danilo Toninelli a scrivere in modo più dettagliato l’agenda: “Di nomi non se n’è parlato, ma lo faremo nei prossimi giorni”. L’idea del Movimento è quella di mettere sul piatto le proprie candidature già domani per registrarne il gradimento. Intanto è partito il conto alla rovescia. ◀ resto è storia contemporanea, la storia di due leader naturali che rappresentano la doppia anima del secondo partito italiano (sulla base degli ultimissimi sondaggi, la Lega ha superato il Pd): quella maggioritaria e di lotta che conti i propri voti e cerca di farsi sistema (Salvini); quella minoritaria ma di sistema che i propri voti li pesa per farsi dissidenza strategica e riserva istituzionale (Maroni). Non è affatto certo che la loro convivenza sarà durevole e indolore, ma la logica dei rispettivi interessi induce a pensare che oggi una resa dei conti sarebbe prematura e dannosa per entrambi. ◀