Trovate una soluzione oggi, la legge elettorale non serve
(...) ulteriore tempo - magari un annetto o due - per ritrovarci nella stessa identica situazione di queste ore. Con le due ultime sentenze della Corte costituzionale con cui è stato bocciato prima il Porcellum e poi l'Italicum poco è stato detto di certo, ma nel poco si è spiegato che un premio di maggioranza è ragionevole sopra il 40% dei consensi e che per fare una legge imperniata sul ballottaggio ci deve essere una soglia minima per potervi accedere che non si discosti molto da quella sopra citata.
E' evidente che per la Corte suprema l'Italia dovrebbe essere bipolare: solo in questa situazione è molto probabile che una o addirittura due forze politiche (singole o in coalizione) siano in grado di raggiungere quella soglia di premio di maggioranza o di giocarsi la partita a un eventuale ballottaggio.
Il problema è che l'Italia non è bipolare, ma composta da tre poli, uno dei quali (quello di centrosinistra) è risultato più ridotto delle previsioni in questo turno elettorale, ma esiste e sulla carta potrebbe fare anche qualcosa di più. Quindi o si cambia la testa e la composizione della Consulta, o cambiare legge elettorale con quei limiti imposti dai giudici non servirebbe a un fico secco.
Spiace spiegare ai lettori cose un po' noiose e così distanti dai motivi per cui il 4 marzo scorso hanno fatto le loro scelte nell'urna. Sono il primo a provare nausea ogni volta che i politici ci parlano di legge elettorale come panacea a qualsiasi male. Però lo fanno, e lo stanno facendo pure ora nel timore di non sapere che pesci prendere. Allora meglio sgombrare il campo da questo equivoco: siccome con qualsiasi legge gli elettori si dividerebbero comunque in tre e il risultato elettorale sarebbe più o meno quello che stiamo vedendo, meglio che ci si rimbocchi le maniche e si trovi un'idea di governo con i numeri di oggi per non spostare semplicemente il problema un po' più in là: sarebbe lo stesso perdendo solo tempo e denaro.
Dovendo decidere una formula oggi, quali alleanze sarebbero possibili? Anche qui sono importanti i numeri. In Parlamento sono due i gruppi dominanti: quello del Movimento 5 stelle, che è il partito singolo più premiato dagli elettori, e quello del centrodestra al momento ancora unito senza fondersi in un solo soggetto.
Poi c'è il gruppo Pd che assorbe anche l'alleato di centrosinistra (+Europa) che vorrebbe lasciare gli altri due a sfangarsela da soli, ma che al suo interno diventa sempre più preoccupato dalla prospettiva di restare fuori dai giochi. Mischiando le carte c'è una sola formula che mi sembra impossibile: l'unione fra M5s e Pd. Non avrebbe i numeri nel caso di appoggio esterno (i no del centrodestra sarebbero superiori ai sì), e molto probabilmente non li avrebbe nemmeno in caso di alleanza organica, perché certamente il Pd perderebbe dei pezzi (il gruppo più renziano di sicuro). Quindi questa ipotesi non c'è. Avrebbe i numeri un governo di minoranza del centrodestra con l'astensione del Pd, e credo per altro che sia ipotesi caldeggiata sicuramente da Silvio Berlusconi ma forse sotto sotto anche da Matteo Renzi: sulla carta è assai probabile. Ma che vantaggio avrebbe il centrodestra? Governerebbe sulla carta, dovrebbe rinunciare alla leadership di Matteo Salvini come pre-condizione, e potrebbe realizzare di volta in volta solo il programma scelto anche dal Pd, che altrimenti passando dall'astensione al voto contro metterebbe fine all'esecutivo. Ha i numeri anche l'intesa che in questo momento trova le prime pagine dei giornali: quella fra Lega e M5s. Però a Salvini non converrebbe affatto: dovrebbe rinunciare alla leadership sul centrodestra per fare la ruota di scorta dei grillini, contando assai poco.
Resta una sola altra soluzione: che i due schieramenti che hanno fatto meglio nelle urne senza vincere, e cioè i cinquestelle e il centrodestra unito, si parlino e trovino una risposta comune a quel che hanno chiesto entrambi gli elettorati. Anche con l'umiltà che ci vuole: in fondo nessuno dei due singoli programmi è stato scelto da ben due italiani su tre. Però quella domanda di riduzione fiscale da una parte, e di sostegno alla povertà dall'altra non sono in sé incompatibili, e darebbero risposta a due terzi dell'elettorato. Forse una intesa limitata nel tempo e graduata nelle risposte con un po' di riduzione fiscale e un maggiore contrasto alla povertà, è la cosa più ragionevole da fare. Bisogna però che se ne convincano i protagonisti, e al momento si è piuttosto lontani.
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