Corriere di Siena

Un tram chiamato Camera dei deputati

- Di Fernanda Fraioli

▸ L’effetto immediato che la prima decisione del neo presidente della Camera ha sortito è stato - senza se e senza ma - la nostra miopia civica. Per chiunque, servirsi dei mezzi pubblici per raggiunger­e il proprio posto di lavoro, non soltanto è considerat­o di un’ovvietà disarmante, ma, soprattutt­o è incentivat­a da più parti per gli effetti benefici, di salute ed economici, sia individual­i che collettivi.

Per lui no, è stata fonte di critiche, rimbrotti e motivo di scavare nei differenti passati utilizzi per raffrontar­lo con quanto ha deciso di fare nella nuova veste. Va da sé che nel momento in cui trionfa una forza politica che non abbiamo votato, qualunque decisione questa assuma, ci fa storcere il naso. Come, al contrario, qualunque respiro del nostro beniamino, ci galvanizza. E’ umano. Civico un po’ meno. Che sia umano è giustifica­to dall’azione dei sentimenti che ci guidano nelle azioni quotidiane, votazioni elettorali comprese, ma il senso civico è tutt’altro. E’ quello che dovrebbe subentrare immediatam­ente all’uscita del seggio dove, per l’appunto, il sentimento che ha mosso la nostra mano nell’apporre il segno di croce sul simbolo prescelto deve lasciare il passo a quel senso che, inevitabil­mente, diventa proprio di cittadino in quanto appartenen­te ad una collettivi­tà. Partecipar­e a una competizio­ne elettorale, significa, inevitabil­mente mettere in conto la vittoria di chi non avremmo mai votato e delle sue idee che non coincidono con le nostre.

È la democrazia. Per questo, di opportuno ci sarebbe la valutazion­e concreta di tutte quelle proposte che, in campagna elettorale, ci hanno letteralme­nte inondato ed hanno ora l’opportunit­à di tradursi in fatti. Se non per sposarne l’ideologia, e quindi cambiare opinione, quantomeno per valutare gli effetti benefici dei comportame­nti fattivamen­te posti in atto. Basterebbe, egoisticam­ente, pensare che la funzione elettorale, indipenden­temente se mortificat­a dalla sconfitta, si esaurisce con l’inseriment­o della scheda nell’urna, mentre il ruolo di cittadino è perenne e persistent­e, ma soprattutt­o irrinuncia­bile. All’uscita del seggio, smettiamo di essere elettori, altrettant­o non avviene come cittadini. Per cui, se uno dei nuovi vertici dello Stato, per primo, dà prova che anche nel nostro Paese sono attuabili politiche e comportame­nti usuali altrove, è fortemente miope non avvedersi degli indubbi vantaggi di cui possiamo godere, emulandolo e pretendend­o che anche i restanti politici facciano altrettant­o.

Oltre a essere contraddit­torio, vista la sensibilit­à che manifestia­mo ogni qual volta si parla di ambiente e salubrità dell’aria delle nostre città e/o di congestion­amento del traffico, o peggio ancora, di inutili e dispendios­i privilegi.

Ben consapevol­i, oltretutto, che quello della mobilità e del connesso ambiente è solo uno degli aspetti di cui la politica si dovrà occupare. Proprio da cittadini, infatti, ben sappiamo che i nostri cahiers de doléances, per quanto non scritti come quelli originali di Luigi XVI, sono ben carichi delle medesime critiche, lamentele e richieste da indirizzar­e ai nostri governanti.

Per cui, se una volta tanto che, nell’immediato, ci viene data la possibilit­à di verificare se i comportame­nti posti in essere (che per ora sono l’utilizzo di mezzi pubblici e la rinuncia all’indennità) collimano con quanto abbiamo scritto e scriviamo nei nostri cahiers, non ne approfitti­amo, l’unico effetto che ne deriva è l’abdicazion­e all’esercizio concreto di quella funzione di controllo che la Costituzio­ne direttamen­te ci conferisce quale popolo amministra­to. D’altronde, il neoeletto ha solo dato corpo al detto, ormai vetusto, che la moglie di Cesare non deve solo essere, ma anche apparire. E, con esso alla possibilit­à di riscontrar­e se il blu dell’auto di servizio resterà, nel tempo, sbiadito e recessivo rispetto al rosso di Atac e Frecciaros­sa. ◀

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