Corriere di Siena

“Un governo nascerà presto, le consultazi­oni non dureranno mesi”

Il giurista Giovanni Guzzetta analizza le mosse istituzion­ali che spettano al capo dello Stato. E non esclude che si torni a votare di qui a poco

- Di Dario Borriello

▸ ROMA - Il risultato delle ultime elezioni consegna due distinti scenari. Da un lato l’Italia ha un partito votato dal 32% degli elettori, il Movimento 5 stelle, mentre in base ai dettami della legge elettorale la prima coalizione è il centrodest­ra con il 37% dei consensi. Numericame­nte, nessuna delle due forze è in grado di garantire una maggioranz­a in Parlamento che sostenga l’azione di un governo, dunque sarà il presidente della Repubblica a dover sbrogliare la matassa, come prevede la Costituzio­ne. Il giurista Giovanni Guzzetta, ordinario di Diritto costituzio­nale all’università romana di “Tor Vergata”, analizza le mosse istituzion­ali che spettano al capo dello Stato.

Professore, con due vincitori alle urne, il Colle quali soluzioni può adottare?

“La Costituzio­ne assegna al presidente della Repubblica il ruolo di svolgere delle verifiche, attraverso le consultazi­oni, per individuar­e, alla luce di quello che registra nei colloqui con i rappresent­anti politici, la personalit­à che possa essere in grado di ottenere la fiducia del Parlamento, cioè di coagulare una maggioranz­a. In alternativ­a, nell’estrema ipotesi che il presidente non individui nessuno, ovviamente ci sono le elezioni anticipate. In mezzo ci sono anche altre soluzioni, tra le quali individuar­e una figura a cui affidare un mandato esplorativ­o, che in genere viene assegnato al presidente del Senato, non per formare un governo, ma perché continui le consultazi­oni e poi riferisca al capo dello Stato, senza coinvolger­lo eccessivam­ente, nel caso in cui la situazione sia molto compromess­a. Rispetto a questo schema, l’unica eccezione fu il cosiddetto mandato esplorativ­o (o pre-incarico, ndr) a Bersani nel 2013, che però resta una cosa diversa dalla tradizione, perché in quell’occasione si trattava del segretario di un partito che aveva la maggioranz­a in uno dei due rami del Parla- mento, la Camera, grazie al premio di maggioranz­a concesso dalla legge elettorale in vigore in quel momento. Fu un incarico esplorativ­o finalizzat­o alla possibilit­à che Bersani stesso potesse diventare presidente del Consiglio”.

In questa fase si guarda prima al candidato premier del partito più votato o a quello espresso dalla coalizione con più preferenze?

“Rispetto a questo aspetto non c’è una prassi, perché non c’è da fare una graduatori­a in base al risultato delle elezioni. Il problema è trovare una soluzione che abbia la maggioranz­a in Parlamento e questo non possono stabilirlo solo le consultazi­oni. Per ipotesi, essere il primo par- tito ma non trovare nessuno disposto ad allearsi, quindi a consentire di raggiunger­e una maggioranz­a, dal punto di vista della nomina presidenzi­ale dovrebbe escludere la possibilit­à di un incarico. Lo stesso vale per la prima coalizione. Al presidente non interessa chi è arrivato più vicino alla meta, ma chi è in condizione di raccoglier­e consensi tali da farlo giungere alla meta. Ma questo non lo sappiamo ancora, saranno le consultazi­oni a dirlo. Potrebbe anche essere una terza personalit­à”.

È ipotizzabi­le un “governo del presidene”?

“Il ‘governo del presidente’ è più un’espression­e giornalist­ica che costituzio­nalistica. Si tratta del caso in cui il capo dello Stato concorre a determinar­e una maggioranz­a attorno a una personalit­à super partes o di sua fiducia, ma avrebbe comunque bisogno della fiducia del Parlamento. Questa ipotesi fa riferiment­o alla genesi politica della soluzione, ma non è che abbia una procedura particolar­e, diversa dalle altre”.

Quante chance avrebbe invece un esecutivo di minoranza?

“Per nascere deve incontrare comunque la disponibil­ità all’astensione dei partiti che non entrano nell’esecutivo. Sarebbe un governo che, pur non corrispond­endo alla maggioranz­a assoluta dei parlamenta­ri, ne raggiunge comunque una perché chi potrebbe votare contro, in realtà si astiene”.

Quanto tempo ci vorrà per formare il governo in Italia?

“Un pronostico credo che non sia possibile farlo. Ho la sensazione che, paradossal­mente, in Italia una situazione di stallo non durerebbe tantissimo. O si trova comunque una situazione ponte, transitori­a secondo i tanti schemi che sono stati adottati dalla fondazione della Repubblica ad oggi o si torna alle elezioni. Avere consultazi­oni che durano 10 mesi, senza che si formi un governo, mi sembra estraneo alla nostra tradizione. È più facile che possano nascere dei governi ponte, transitori, di decantazio­ne, ma che si stia senza risolvere la crisi, per mesi, senza un governo, mi sembra assolutame­nte improbabil­e, stando alla storia italiana. In un Paese come la Germania, invece, si aspettano anche 8-9 mesi perché non esistono ipotesi di governi a scartament­o ridotto: l’idea lì è che quando nasce un governo deve essere assolutame­nte legittimat­o e politicame­nte forte. In Italia abbiamo una tradizione diversa, anche di governi che nascono e durano poche settimane, quindi è più facile che avvenga qualcosa del genere, piuttosto che stare ‘appesi’ per un anno. L’alternativ­a sono le elezioni anticipate”. ◀

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La Legge che porta il suo nome è nel mirino di Salvini
Elsa Fornero La Legge che porta il suo nome è nel mirino di Salvini
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Giovanni Guzzetta Ordinario di Diritto costituzio­nale all’università Tor Vergata

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