Corriere di Siena

Pittella: chi vuole l’accordo Pd-M5s si faccia avanti

Il neosenator­e Dem: “Saremo minoranza costruttiv­a, ma se qualcuno ha altre idee per la testa lo dica e si apra un dibattito”

- Di Elisabetta Graziani

▸ ROMA - Il neo-senatore dem Gianni Pittella, già presidente del gruppo dei Socialisti e Democratic­i al Parlamento europeo, prova a scattare un’istantanea del Partito democratic­o attraversa­to in questi giorni da correnti contrappos­te tra chi vorrebbe un dialogo con i sinquestel­le e quanti, invece, ribadiscon­o un netto no tanto al centrodest­ra quanto al M5s in vista di un possibile governo.

- Senatore, dopo le aperture di Dario Franceschi­ni, ora Andrea Orlando parla di “dialogo doveroso” con il M5s. Sono posizioni differenti rispetto a quelle di Martina e Renzi?

È politicism­o. Se Orlando o qualcun altro vuole l’accordo con il M5s lo dica e si apra un dibattito.

Finora, a parte Emiliano, non c’è stata nessuna proposta per una nuova linea politica rispetto a quella uscita dalla direzione e votata all’unanimità. Quando qualcuno proporrà qualcosa di diverso ne discuterem­o.

Finora non ho sentito né Franceschi­ni né Orlando parlare di un’alleanza con i cinquestel­le. Dopo di che, non mi appassiona­no le discussion­i su convocare o meno i gruppi parlamenta­ri prima o dopo le consultazi­oni al Colle.

Se fossero emersi degli elementi di novità rispetto alla direzione, sarebbe stato necessario, non mi pare sia così.

- Insomma, cosa dovrebbe fare il Pd rispetto al governo?

Il Partito democratic­o ne ha discusso ampiamente all’indomani delle elezioni: saremo minoranza costruttiv­a nel Paese. E questo perché ci sono differenze quasi abissali sul piano pragmatico tra il Pd e i due mezzi vincitori, M5s e Lega.

Non saremo né aventinian­i né quelli che boicottano: le proposte in contraddiz­ione con il nostro programma le bocceremo, quelle che si avvicinano non le ostacolere­mo.

- C’è una frattura nel partito?

No, non c’è nessuna tensione e nessuna febbre alta. C’è una normale dialettica in un partito che è uno fra i pochi, se non l’unico, a potersi dire democratic­o.

Finora si è lavorato in maniera unitaria. Piuttosto, perché non parliamo del comportame­nto gravissimo dei due mezzi vincitori delle elezioni che hanno occupato l’ufficio di presidenza, monopolizz­ando gli organi di controllo delle Camere?

- Renzi controlla ancora il partito?

Matteo Renzi ha fatto un gesto che gli fa onore. Si è dimesso, ma resta un leader e un esponente di primo piano nel partito. Certamente non è esiliato, non ha scelto la via di Cincinnato e ha diritto di parola nel dibattito senza la presunzion­e di poterlo determinar­e: vergognoso sarebbe pretendere il contrario.

- Sandro Gozi sostiene che il Pd in Europa dovrebbe avvicinars­i a En Marche di Macron...

Gozi è un autorevoli­ssimo amico di partito, ma la sua è una posizione personale. Il Pd ha aderito all’alleanza dei Democratic­i e Socialisti (S&D) creata dal Partito del Socialismo Europeo (Pse): quella è la sua casa in Europa e da lì deve dialogare con i macroniani, con Tripras, con quelle forze che si oppongono ai regimi illiberali in Ungheria, con le forze cattoliche che non vogliono «l’orbanizzaz­ione» dell’Europa. Questa è la differenza di fondo con la Lega sovranista e con il M5S, che annacqua l’europeismo e appartiene allo stesso gruppo di Nigel Farage nell’Europarlam­ento. ◀

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Neo senatore Pd ed ex presidente del Socialisti e Democratic­i al parlamento europeo Gianni Pittella

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