Pittella: chi vuole l’accordo Pd-M5s si faccia avanti
Il neosenatore Dem: “Saremo minoranza costruttiva, ma se qualcuno ha altre idee per la testa lo dica e si apra un dibattito”
▸ ROMA - Il neo-senatore dem Gianni Pittella, già presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, prova a scattare un’istantanea del Partito democratico attraversato in questi giorni da correnti contrapposte tra chi vorrebbe un dialogo con i sinquestelle e quanti, invece, ribadiscono un netto no tanto al centrodestra quanto al M5s in vista di un possibile governo.
- Senatore, dopo le aperture di Dario Franceschini, ora Andrea Orlando parla di “dialogo doveroso” con il M5s. Sono posizioni differenti rispetto a quelle di Martina e Renzi?
È politicismo. Se Orlando o qualcun altro vuole l’accordo con il M5s lo dica e si apra un dibattito.
Finora, a parte Emiliano, non c’è stata nessuna proposta per una nuova linea politica rispetto a quella uscita dalla direzione e votata all’unanimità. Quando qualcuno proporrà qualcosa di diverso ne discuteremo.
Finora non ho sentito né Franceschini né Orlando parlare di un’alleanza con i cinquestelle. Dopo di che, non mi appassionano le discussioni su convocare o meno i gruppi parlamentari prima o dopo le consultazioni al Colle.
Se fossero emersi degli elementi di novità rispetto alla direzione, sarebbe stato necessario, non mi pare sia così.
- Insomma, cosa dovrebbe fare il Pd rispetto al governo?
Il Partito democratico ne ha discusso ampiamente all’indomani delle elezioni: saremo minoranza costruttiva nel Paese. E questo perché ci sono differenze quasi abissali sul piano pragmatico tra il Pd e i due mezzi vincitori, M5s e Lega.
Non saremo né aventiniani né quelli che boicottano: le proposte in contraddizione con il nostro programma le bocceremo, quelle che si avvicinano non le ostacoleremo.
- C’è una frattura nel partito?
No, non c’è nessuna tensione e nessuna febbre alta. C’è una normale dialettica in un partito che è uno fra i pochi, se non l’unico, a potersi dire democratico.
Finora si è lavorato in maniera unitaria. Piuttosto, perché non parliamo del comportamento gravissimo dei due mezzi vincitori delle elezioni che hanno occupato l’ufficio di presidenza, monopolizzando gli organi di controllo delle Camere?
- Renzi controlla ancora il partito?
Matteo Renzi ha fatto un gesto che gli fa onore. Si è dimesso, ma resta un leader e un esponente di primo piano nel partito. Certamente non è esiliato, non ha scelto la via di Cincinnato e ha diritto di parola nel dibattito senza la presunzione di poterlo determinare: vergognoso sarebbe pretendere il contrario.
- Sandro Gozi sostiene che il Pd in Europa dovrebbe avvicinarsi a En Marche di Macron...
Gozi è un autorevolissimo amico di partito, ma la sua è una posizione personale. Il Pd ha aderito all’alleanza dei Democratici e Socialisti (S&D) creata dal Partito del Socialismo Europeo (Pse): quella è la sua casa in Europa e da lì deve dialogare con i macroniani, con Tripras, con quelle forze che si oppongono ai regimi illiberali in Ungheria, con le forze cattoliche che non vogliono «l’orbanizzazione» dell’Europa. Questa è la differenza di fondo con la Lega sovranista e con il M5S, che annacqua l’europeismo e appartiene allo stesso gruppo di Nigel Farage nell’Europarlamento. ◀