Missione impossibile per il presidente Fico
Sonderà un’alleanza M5s-Pd
Luca d’Alessandro
Falliti per ora i tentativi di mettere in cantiere un governo M5s-centrodestra, parte con il mandato esplorativo al presidente della Camera, Roberto Fico, l’operazione eguale e opposta: il Quirinale vuole capire se c’è un margine di trattativa fra i grillini ed il Partito democratico ed, eventualmente, se questa si posa su basi solide. Il sentiero è stretto, sdrucciolevole, e non esente da insidie, con il Pd, che stando alle dichiarazioni a caldo dell’ala renziana appare poco bendisposto a rimangiarsi il proposito di restare all’opposizione, e quindi alla finestra. Anche perché a far da contorno ci sono due piatti che possono anche risultare indigesti. Da una parte, non si può non tener conto del risultato delle elezioni in Molise, regione piccola (quindi non in grado di far pensare nemmeno lontanamente a un dato nazionale) ma nella quale si è votato cinquanta giorni fa, con tutti gli inevitabili confronti che si possono fare. Così come non può passare sotto silenzio la proposta di contratto di governo che i 5 stelle hanno di fatto recapitato a Lega e Pd, per capire chi ci vuole stare. Anche questa, non è clamorosa ma può rappresentare un’opportunità, così come sabbia negli ingranaggi della trattativa che si appresta a mettere in piedi il verificatore Fico. E’ chiaro che l’incarico esplorativo conferito dal presidente della Repubblica arriva in un giorno sufficientemente “tiepido”, con il dibattito sulle elezioni molisane in primo piano. La vittoria del centrodestra, con dati non chiari sulle reali percentuali interne alla coalizione per la presenza di liste civiche, il calo (nella regione) di quasi 6 punti dei 5 stelle, che però rimangono primo partito, permette ad ognuno di gonfiare il petto e di affrontare le trattative con lo stesso piglio di queste settimane. Non a caso, Silvio Berlusconi continua a martellare contro i grillini, non preoccupandosi affatto dell’eventuale reazione di Salvini. L’unico dato incontrovertibile, che farà sicuramente riflettere non poco il Quirinale circa le decisioni che sarà chiamato a prendere nei prossimi giorni, è rappresentato da una sostanziale stabilità delle forze in campo. Questo vuol dire che anche facendo un giochino di simulazione, trasponendo il dato locale a quello nazionale, il risultato di nuove elezioni politiche porterebbe a cambiamenti minimi, non sufficienti per dare un governo al Paese attraverso un partito o una coalizione che la maggioranza assoluta in Parlamento. Difficile quindi che Mattarella, non solo alla luce di questo, potrà concedere elezioni in tempi brevi (la finestra di giugno si sta chiudendo). La via maestra, dunque, rimane la formazione di un governo, politico se i partiti si metteranno d’accordo, o istituzionale, con quest’ultimo che ora dopo ora diventa sempre più probabile, anche alla luce delle parole del capo dello Stato che al termine del colloquio con Fico, ha tenuto a precisare: “Ho atteso altri tre giorni per registrare eventuali novità pubbliche, esplicite e significative nel confronto tra i partiti. Queste novità non sono emerse”. Il presidente della Repubblica non sembra nascondere la delusione, dopo che Salvini (secondo il quale il nuovo incarico esplorativo è “una presa in giro” che non tiene conto dei dati elettorali del Pd) e Di Maio avevano più volte mostrato pubblicamente maggiore sicurezza sulla possibilità di giungere a un accordo. Non che il tentativo di Fico si presti a maggiore ottimismo. Aveva cominciato questa mattina il deputato renziano Luigi Marattin, ad impallinare eventuali accordi fra Pd e grillini, sostenendo che mai avrebbe votato un’eventuale fiducia, neanche se lo chiedesse il segretario pro tempore, Martina. Nel pomeriggio è arrivato il resto dell’artiglieria del Pd, con Morani, Anzaldi, Magorno e Parrini, a mettere una pietra (forse non tombale, ma poco ci manca) su un governo fra 5 stelle e centrosinistra. Quindi, giovedì (quando Fico porterà a Mattarella i risultati del suo lavoro) si rischia di ripartire dal via, dall’unico governo possibile (numeri e disponibilità dei contraenti alla mano): grillini e leghisti. Non è dato sapere se servirà a qualcosa il contratto che i “saggi” del movimento 5 stelle hanno sottoposto ai partiti: 10 punti come bozza di un “accordo per il governo dell’Italia”, nei quali si affrontano temi come giovani, famiglie, povertà e disoccupazione. Ma una cosa è certa, se anche si pone poca fiducia nel mandato esplorativo a Fico, questo può rappresentare un pungolo non da poco per gli aspiranti alleati di un governo giallo-verde, chiamati a mettersi finalmente d’accordo smettendola con i veti e con i balletti verbali. Ed è forse anche una velata minaccia di Mattarella: vedete di fare presto, perché terminato il giro del presidente della Camera, poi l’unico passo possibile sarà il governo del presidente. Servirà? Molto dipenderà dalle prossime mosse di Salvini e Di Maio e, soprattutto, se riusciranno a restare con i nervi saldi anche alla luce delle elezioni di domenica prossima in Friuli, nuovo appuntamento elettorale che potrebbe risolvere tutto o complicare ogni cosa.