L’opera d’arte è una moschea in chiesa critico il Patriarcato: «Mai autorizzata»
Scoppia il caso alla Biennale: il Comune vieta il culto, gli Imam già pregano. Vigili in sopralluogo
VENEZIA Scarpe negli armadietti e piedi scalzi. Velo a coprire i capelli con distribuzione di foulard all’ingresso. E un cartellino con già segnato, accanto alla scheda per diventare socio onorario della comunità musulmana, l’orario per la prossima preghiera: 4,30. Della mattina, ovviamente. L’inaugurazione del padiglione Islanda con l’opera provocatoria dell’artista svizzero islandese Christoph Büchel, «Moschea» ieri ha segnato il passo di quello che sarebbe dovuto essere il futuro di quel luogo per i prossimi sette mesi. La chiesa di santa Maria della Misericordia a Cannaregio, di proprietà privata dal 1973 (ma a quanto sembra non sconsacrata) per sette mesi sarebbe dovuta diventare a tutti gli effetti una moschea in centro storico. La prima, dopo anni di richieste da parte della comunità musulmana veneziana, con i suoi ventimila fedeli che si ritrovano ad oggi in una stanzetta ricavata in un capannone industriale.
All’interno della chiesa della Misericordia c’è tutto. Il tappeto a terra orientato verso La Mecca, lo spazio per la preghiera, le entrate diverse per donne e uomini, i muri barocchi adornati con scritte in arabo e i mosaici della croce nascosti dietro a dei drappi. Ma manca la cosa più importante: l’autorizzazione. Tant’è che ieri è arrivata chiara, dopo poche ore, la risposta del Patriarcato: «Per ogni utilizzo diverso dal culto cristiano cattolico va richiesta autorizzazione all’autorità ecclesiastica indipendentemente da chi, al momento, ne sia proprietario – spiegano dal Patriarcato - per questo specifico sito, non è mai stata richiesta né concessa». Non solo. In febbraio era stata richiesta la concessione di altri edifici sacri. «Non ci hanno mai detto di no palesando il motivo del diniego che tutti abbiamo capito qual è – dice Nina Magnusdottir, la curatrice della mostra – ma di fatto ci hanno negato l’autorizzazione». «La concessione non era stata accordata perché la singolarità dell’intervento proposto avrebbe richiesto il coinvolgimento delle comunità religiose interessate – spiegano dal Patriarcato - la scelta di usare una chiesa chiusa al culto e di proprietà non più ecclesiastica non risolve questo aspetto, ma lo ignora».
Sulla stessa linea del Patriarcato si era già mosso il Comune di Venezia, che ha scritto ai referenti del Padiglione Islandese chiedendo la documentazione «dell’effettiva riduzione ad uso profano dell’edificio» e comunicando alcune prescrizioni. A partire dal «divieto di utilizzo del padiglione quale luogo di culto», specificando inoltre che «le modalità di ingresso compreso l’abbigliamento non potranno essere difformi da quelle previste per qualsiasi altro luogo espositivo della Biennale», solo per citare i passaggi più importanti. «Bisogna controllare se nell’atto di vendita è stato compiuto l’atto di riduzione ad uso profano non indecoroso – spiega don Dino Pistolato - al di la’ dalla proprietà, il punto è questo. Altrimenti va chiesta l’autorizzazione all’ordinario cioè al Vescovo». Intanto ieri nel pomeriggio la polizia municipale ha fatto un sopralluogo per verificare il rispetto della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) di mostra espositiva privata, consegnata al Comune il 27 aprile 2015. E hanno trovato altro. Ma solo nei prossimi giorni si saprà che provvedimenti verranno presi. I proprietari (l’azienda Reggiani) hanno scelto il no comment. Ma intanto ieri mattina l’inaugurazione nella «moschea» di Cannaregio c’è stata comunque. « Una vera moschea in centro storico, il candidato Felice Casson ce l’ha promessa - dice Bach Abdallah della comunità musulmana di Mestredurante la Biennale ci sono ministri di molte nazioni che potrebbero essere interessati e decidere di finanziare il progetto, noi ci speriamo molto». «Speriamo sia un modo per smuovere le coscienze – ha detto Hamad Mahamed, siriano, teologo, da anni imam della comuni tà di Marghera – l’obiettivo è avvicinarci, farci conoscere. Non c’è contrasto, non siamo in conflitto. Dio, comunque vogliate chiamarlo, è lo stesso. Questo sarà un punto di incontro e di dialogo. È una lezione di civiltà. La dico citando Martin Luther King: dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o periremo insieme come stolti».
Il Patriarcato La concessione non era stata accordata perché l’intervento proposto avrebbe richiesto il coinvolgimento delle comunità religiose Nina Magnusdottir (Curatrice della mostra) Non chi ha mai detto di no, palesando il motivo del diniego; ma di fatto ci hanno negato l’autorizzazione