Assim come Abou, arrivò dentro una valigia ma oggi ha ritrovato la sua mamma Nel 2012 sbarcò a Venezia in un trolley. Salvato dai servizi sociali, ora vive in Germania
VENEZIA Un profilo umano, gambette rannicchiate, braccia magrissime a stringere il busto. Per non lasciare sfuggire un movimento di troppo, per scacciare la paura. Lo ha fatto dentro il trolley in cui era chiuso Abou che è stato trovato giovedì dai funzionari dell’immigrazione durante i controlli a Raggi X dagli agenti della Guardia Civil spagnola a Ceuta, città autonoma spagnola sulle coste del Marocco. Lo ha fatto, a Venezia tre anni fa anche Assim, quando lo hanno trovato gli uomini della polizia di frontiera. Assim, che all’epoca aveva solo cinque anni era arrivato a Venezia chiuso in una piccola valigia di 60 centimetri per 30. Respirava male, attraverso dei foretti microscopici. Ed era terrorizzato. Quando l’hanno aperta i suoi occhi scuri hanno guardato il finanziere con tutta la paura di un’incognita. E non ha detto una parola per ore. Assim era diretto in Germania, dai suoi zii. Almeno così ha raccontato agli uomini della polizia di frontiera il passeur che lo accompagnava: Ali Shaker, afghano quarantenne disoccupato residente in Italia, che poi è stato accusato (e condannato nel 2013) per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ha patteggiato tre anni di reclusione e dodicimila euro di multa. E Assim? Oggi sta bene e vive in Germania con la sua mamma.
«La sua è una storia che ha dell’incredibile, eppure è finita bene, non capita spesso – dice Paola Sartori, che con i servizi sociali del Comune di Venezia l’aveva preso in carico – è stato difficile trovare la sua famiglia ma ce l’abbiamo fatta». Gli zii (paterni) di Assim, uno troppo giovane, l’altro con una moglie incinta e quattro figli a carico hanno a lungo reso difficile il ritrovamento della madre. «Sono storie familiari complicate – dice Sartori – ma noi grazie ad una banca dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni siamo riusciti a sapere dove si trovava la madre e abbiamo fatto pressioni perché la contattassero». Ci hanno messo più di un anno e mezzo, a trovare questa giovane donna afghana che, scappando dal suo paese in guerra, aveva lasciato un figlio (Assim appunto) ai genitori portandosene dietro un altro. Ma alla fine i servizi sociali del Comune di Venezia, che hanno lavorato in stretto contatto con quelli tedeschi, ce l’hanno fatta. Proprio nei giorni in cui l’attesa si faceva straziante, Assim è stato affidato a una famiglia veneziana.
«Quando abbiamo trovato la mamma, le forze dell’ordine tedesche le hanno fatto il test del Dna e noi l’abbiamo fatto ad Assim. Corrispondevano. E quindi siamo partiti con le procedure per il ricongiungimento». Anche quello è stato un percorso molto duro per il piccolo. «Ormai stava quasi dimenticando la sua lingua – dice Sartori – aveva iniziato a parlare in italiano. Quando lo abbiamo portato in Germania la mamma affidataria l’ha accompagnato in aereo e il resto della famiglia è salita in auto. Sono rimasti tutti con lui e con la sua mamma biologica per una settimana » . Un abbraccio per sconfiggere la paura. Assim oggi vive in Germania ma è in contatto costante con la sua famiglia veneziana.