MURO SUI PROFUGHI POLITICA SCONFITTA
Dalla Treviso di Giancarlo Gentilini, il sindaco-sceriffo noto per aver fatto rimuovere le panchine sulle quali trascorrevano la notte alcuni migranti, alla Padova di Massimo Bitonci, il sindaco assurto ora agli onori della cronaca per la sua battaglia contro le case in affitto ai profughi: è questo il ritratto genuino del Veneto? Una regione chiusa a tutela dei propri privilegi, insensibile alle difficoltà e alle sventure degli altri, sorda agli appelli della Chiesa alla solidarietà, incapace di guardare oltre al proprio naso di gretti interessi individualistici? O dobbiamo invece prendere per buona un’altra immagine, almeno apparentemente più realistica, che in tempi recenti sembra aver conquistato anche i resoconti della stampa nazionale? Non «un» solo Veneto, ma due realtà distinte e per molti aspetti contrapposte, fra l’accoglienza e l’egoismo, fra il senso di una profonda umanità e l’indisponibilità ad accogliere l’altro, fra apertura al nuovo e difesa ad oltranza del vecchio. I sostenitori di questa rappresentazione dualistica dell’identità regionale ritengono di trovare una solare conferma di questo assunto in ciò che è annunciato per la giornata di venerdì. Due manifestazioni, l’una a sostegno della linea perseguita da Bitonci, col rifiuto ad accettare la presenza di rifugiati nel territorio comunale, l’altra promossa allo scopo di ricordare alcuni elementari precetti di civiltà, quelli che impongono di non voltarsi dall’altra parte di fronte ai bisogni degli altri. E’ una mera illusione credere di raccontare adeguatamente la realtà del Veneto affidandosi allo schema delle due «anime» contrapposte. Questa sorta di gioco a somma zero, dove «buoni» e «cattivi» si equivalgono e si compensano reciprocamente, non fotografa affatto la realtà di una regione irriducibile a schemi ormai usurati, non aiuta a capire una complessità assai più articolata. Se si rinuncia alle lenti deformanti che restituiscono un Veneto spaccato quasi esattamente a metà, e si assume una prospettiva più corrispondente alla storia e alla morfologia di questa regione, è possibile far emergere un ritratto meno scontato. Le due manifestazioni, indipendentemente dal modo in cui si svolgeranno, non indicheranno affatto un vincitore e un vinto. Piuttosto, entrambe segneranno una pesante sconfitta. La sconfitta della politica, in tutte le sue espressioni, di destra e di sinistra, di marca leghista o di impronta democratica, di fronte all’unico vero grande problema politico che occuperà ancora per decenni lo scenario politico nazionale e internazionale.
Il fatto che i cittadini si riprendano direttamente la parola scendendo in piazza, pur dietro slogan opposti, non è affatto un segnale di buona salute della democrazia, come tanto spesso scioccamente si blatera. E’ invece la testimonianza concreta del fallimento di tutti i conati di politica che hanno fronteggiato la grande questione dei flussi migratori. È l’indizio di una radicale e raggelante miseria culturale, prima ancora che strettamente tecnico-politica, è la dichiarazione palese dell’inadeguatezza del ceto politico – di governo e di opposizione - a fare decentemente il suo mestiere. Inchiodate sul problema degli «arrivi», lacerandosi fra fautori dell’accoglienza e sostenitori dei respingimenti, e incapaci di guardare a ciò che accade il giorno dopo quegli arrivi, le forze politiche non hanno fatto neppure un passo sull’unico terreno veramente fondamentale, quello delle politiche concrete necessarie per affrontare il problema dei migranti senza penalizzare la popolazione residente. Nel momento in cui la decisione se concedere o meno l’affitto di appartamenti a migranti economici o rifugiati sia affidata a chi urla di più, o agita con maggiore energia i propri stendardi, la politica ha di fatto dichiarato di non essere all’altezza dei compiti che dovrebbe affrontare. La vera spaccatura non è dunque fra egoisti e solidali, ma fra una società civile che ondeggia spaventata e disorientata, e un sistema politico capace solo di speculare su quella paura per un miserabile bottino elettorale.