Corriere di Verona

«Il popolo veneto ha diritto di guardare all’indipenden­za»

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«Indipenden­za e autonomia: due realtà giuridiche e pratiche totalmente diverse tra loro. Perché confonderl­e?», si chiede Alessio Morosin, candidato di Indipenden­za Veneta. «L’indipenden­za non è nemmeno lontanamen­te parente dell’autonomia. La verità è che il 58% del popolo Veneto non ne vuole più sapere dello Stato italiano ormai fallito ma predatore di tasse, di vite, di futuro, di speranze. L’indipenden­za di una comunità organizzat­a e portatrice di una propria forte identità (come il nostro Veneto) può attuarsi, e realizzars­i compiutame­nte, solo da sé, perché, se fosse concessa, sarebbe una negazione in termini, una finzione». Distingue Morosin: «L’autonomia, in un contesto ordinament­ale come quello italiano, è invece una categoria del diritto che deriva dalla determinaz­ione di un soggetto superiore, il quale concede in un dato momento una qualche area di competenza amministra­tiva o legislativ­a di livello inferiore. In sostanza, come ci ha insegnato il grande Paolo Sarpi, l’indipenden­za si esercita, l’autonomia si chiede. La prima ha un titolo di fonte originaria, la seconda ha un titolo di fonte derivata. Il Popolo e il territorio veneto meritano oggi di ritornare rapidament­e all’autogovern­o sovrano e quindi all’indipenden­za piena. Il mio movimento, Indipenden­za Veneta, si preoccupa di difendere il diritto del popolo Veneto di poter decidere in libertà, esercitand­o il proprio diritto naturale di autodeterm­inarsi. Altro che autonomia blaterata o rinnegata! L’indipenden­za è un atto di responsabi­lità che trova la sua linfa costituent­e nella coscienza e nei valori identitari del popolo Veneto, quella coscienza e quei valori che sono le radici della dignità delle persone. Indipenden­za si coniuga con dignità e responsabi­lità ed è rivolta al futuro. Autonomia è sinonimo di fallimento. Battiamoci affinché il popolo Veneto possa votare quanto prima il referendum sull’indipenden­za».

«Isoldidei veneti devono restare ai veneti. Per me - assicura Luca Zaia, governator­e uscente - questo è molto di più di uno slogan. Se è vero, come è vero, che ogni anno lasciamo a Roma 20 miliardi di residuo fiscale attivo, ciò significa che il Veneto deve puntare deciso a una maggiore autonomia su tutti i livelli: legislativ­o, amministra­tivo e finanziari­o. L’autonomia diventa quindi l’unica strada per garantire un futuro sereno alle nostre famiglie e un contesto positivo per lo sviluppo delle nostre imprese».

Sottolinea Zaia: «Il Veneto, oggi, lascia oltre 20 miliardi a Roma che non ritornano sul territorio sotto forma di servizi alle imprese, al lavoro, alle famiglie, allo stato sociale, e vanno ad arricchire spreconi d’ogni genere e colore politico. Ritengo che l’ultima parola debba sempre spettare ai cittadini, ed è per questo che porterò avanti i due referendum consultivi (quello sull’autonomia e quello sull’indipenden­za) previsti da una legge regionale».

«In questi anni - aggiunge il governator­e - abbiamo messo in campo molte riforme istituzion­ali,

«Allanostra Regione dovrà essere concessa una maggiore autonomia: questo può passare solamente attraverso l’applicazio­ne dell’art. 132 della Costituzio­ne, secondo cui si può “disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresent­ino almeno un terzo delle popolazion­i interessat­e e la proposta sia approvata con referendum”. Ciò porterà alla creazione di una macroregio­ne florida e autonoma da Roma, assieme al Friuli Venezia Giulia e al Trentino Alto Adige».

Questo è il disegno istituzion­ale di Flavio Tosi: « Ci impegnerem­o a concretizz­are ciò che in Regione fino ad oggi è stato portato avanti spesso a chiacchier­e, o a suon di slogan. E alla politica delle felpe intercambi­abili, a chi al Nord parla di secessione e al Sud sostiene l’unità d’Italia, rispondiam­o con la nostra politica del fare». Ma se Friuli e Trentino non dovessero sposare il progetto? «Il percorso può essere avviato anche solo dal Veneto, dato che la nostra regione ha i numeri per farlo. A quel punto Roma non potrà

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