Romano: «C’è troppo conservatorismo E la Regione latita»
La fotografia d’insieme ci rimanda un Veneto che definire frammentato e attaccato al campanile è ancora poco: 579 Comuni per 5 milioni scarsi di abitanti, 21 Unità sanitarie locali (più due aziende ospedaliere integrate a Padova e Verona), una Città metropolitana in via di gestazione che andrà a prendere il posto della provincia di Venezia, con esiti prevedibilmente deludenti rispetto alle grandi aspettative suscitate dall’aggettivo «metropolitano». «In Veneto si apre l’evidentissima opportunità di ridefinire la governance dei poteri locali, ma sotto questo aspetto bisogna ammettere che i 5 anni di governo Zaia non sono stati molto produttivi, anzi», sottolinea Luca Romano, direttore del centro ricerche Local Area Network, che ha appena curato per Marsilio il saggio a più voci «La metropoli policentrica», dedicato per l’appunto alle funzioni e alla governance di un Veneto finalmente «metropolitano».
«L’aspetto paradossale è che tutti, a parole, la vorrebbero, ma poi nei fatti le resistenze sono fortissime. Sulla gestione associata dei Comuni, sulla dimensione ottimale delle Usl o degli Ambiti territoriali dei rifiuti e del ciclo idrico, è mancata una regìa regionale che indirizzasse la riorganizzazione. E questo, devo dire, anche a causa della cultura politica espressa dalla Lega».
«Per cambiare le cose ci vuole coraggio. Qui, invece, la Regione si oppone su tutta la linea, facendo ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge Delrio (quella istitutiva della città metropolitane, ndr) e contrastando la cancellazione delle Province».
«In questi processi ci sono due possibilità di approccio: o si parte da una logica che mira alla gestione dell’esistente e del consenso oppure, e dovrebbe essere il caso del Veneto, si battono le strade che mettano in rapporto le nostre città con i flussi che partono e arrivano dal mondo, cercando di rendere più attrattivi e competitivi i nostri territori».
«Faccio un esempio partendo dal basso: l’Unione dei Comuni del Camposampierese è una realtà ormai consolidata di buone pratiche in questo processo di riorganizzazione. Ed è stupefacente che sia rimasto, a oggi, un caso praticamente unico nel Veneto».
«Il Veneto si presterebbe benissimo a studiare un sistema di riorganizzazione dei servizi pubblici su base intercomunale, per bacini che comprendano fino a 50/60 mila abitanti».