Corriere di Verona

I giornali e la Ruta con l’ombelico fuori Il tributo dei media italiani all’impresa

- Angiola Petronio

La «goduria» passò anche da lì. Trent’anni fa erano i tempi della carta stampata. E per una Verona che sulle pagine che ti lasciavano le dita sporche d’inchiostro ci finiva giusto quando si parlava delle «trame nere» o di terrorismo rosso, il riscatto fu sancito - editorialm­ente parlando - da quello scudetto. Un po’ schifato, all’inizio di quel campionato ‘84-’85, il gotha della stampa sportiva. «La provincial­e», era catalogato quell’Hellas che agli habitué del calcio stava come una cellula impazzita a un genetista. «E adesso che lo storico scudetto è nelle sue mani, scopriamo di colpo quanto sia difficile dir “bravo” al Verona in maniera originale», scrisse nel suo fondo del 13 maggio 1985 il compianto direttore della Gazzetta dello Sport Candidò Cannavò. Anche la «rosea» s’inchinò al primato. Titolo a nove colonne «Verona campione» e l’incipit di quel fondo che riassumeva un campionato: «Nove mesi di dolcezza». Tutto l’etereo mondo delle parole scritte rese omaggio: il «Verona nella storia» del Corriere Stadio, a quel freudiano «Verona sei campione!» di Tuttosport. Ci furono inserti, analisi, colonne di inchiostro a sviscerare il «fenomeno». Fino a una scosciata Teresa Ruta che rese il tributo sulla prima pagina del Guerin Sportivo con una maglia gialloblù da cui occhieggia­va l’ombelico. E quel «Verona crede alle favole», sempre della Gazzetta. Che Verona, dopo trent’anni da quella favola non si è ancora svegliata.

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