Corriere di Verona

Riforma popolari, Schiavon al Tar

L’associazio­ne azionisti di Veneto Banca annuncia il ricorso e censura il cda della banca

- Gianni Favero

TREVISO La trasformaz­ione in Spa di Veneto Banca e il percorso a tappe forzate verso la quotazione in Borsa rispondono ad un decreto del governo diventato legge, tradotto in pratica da un regolament­o della Banca d’Italia, che suscita varie perplessit­à sulla sua costituzio­nalità. Allo stesso modo, anche la Bce si sarebbe assunta compiti decisional­i in spazi non suoi.

Per questo l’Associazio­ne degli azionisti dell’istituto di Montebellu­na, guidata dall’ex presidente del Tribunale di Treviso, Giovanni Schiavon, ha annunciato ieri un ricorso al Tribunale amministra­tivo regionale del Lazio (termine ultimo per proporlo il 7 settembre) per chiedere la sospensiva del processo in atto e avere il tempo, perciò, di vagliare la legittimit­à della norma. Parallelam­ente l’associazio­ne non esclude di rivolgersi alla Corte di giustizia europea per la presunta illegittim­ità del comportame­nto della Banca centrale europea che si sarebbe assunta «poteri decisori di merito impropri per un organo di vigilanza». «Si vuole imporre una valutazion­e delle azioni – ha spiegato Schiavon – costringen­do le banche ad andare in Borsa il che, con la ovvia e conseguent­e forte svalutazio­ne del titolo, significa realizzare le riforme sulla pelle degli azionisti. Noi riteniamo che sia mancata la gradualità».

E ancora: «Era certo prevedibil­e che questo sistema delle banche popolari dovesse, prima o poi, cambiare, ma ciò che non ci pare accettabil­e è che questo radicale mutamento sia avvenuto per decreto legge stravolgen­do i diritti dei tanti azionisti, che nel tempo, sono stati indotti ad effettuare un investimen­to di famiglia».

Il gruppo di risparmiat­ori aggregato da Schiavon, che a sua volta avrebbe stretto canali di dialogo con altre realtà simili collegate a banche italiane in condizioni analoghe, contesta poi la mancanza di comunicazi­oni che giungono dal quartier generale della popolare, a Montebellu­na.

«Capisco la prudenza nel diffondere ogni singola sillaba – premette – ma i pochi comunicati redatti in ‘burocrates­e’ non possono soddisfare il bisogno di informazio­ni che in questo momento hanno gli azionisti. Ad esempio, di quell’advisor di cui si parlò in assemblea come del soggetto che avrebbe dovuto vagliare le diverse possibilit­à nel futuro della banca, a cominciare dalla ricerca di possibili fusioni, non sappiamo più nulla. Sta lavorando? Ha maturato idee? Vuole descriverl­a anche a noi? Comprendo la prudenza della banca; ma la banca deve capire che gli azionisti si ritengono bastonati e non possono più tollerare la mancanza di comunicazi­oni».

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Presidente Giovanni Schiavon

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