UN CONTENUTO ALL’ACCOGLIENZA
Siamo in piena, pienissima recessione. Demografica si intende, ma che potrà influenzare anche l’economia. E la società, soprattutto. La recessione, è noto, viaggia sempre con il segno meno. Ecco i segni meno: nei primi tre mesi di quest’anno, dice l’Istat, l’Italia è calata di circa 61 mila abitanti (come se fosse scomparsa una città come Savona o Crotone), il Nordest di quasi 10 mila mentre il Veneto ha perso quasi 5 mila abitanti. E’ un 2015 che sembra perfino aggravare la tendenza dello scorso anno, quando la differenza tra nati e morti fu la più bassa dal lontano 1917-18, quando gli uomini erano al fronte a combattere e morire. Dietro questa recessione demografica ci sono il calo delle nascite (anche quelle degli stranieri), la contrazione dell’immigrazione, la fuga all’estero: di italiani ed anche di stranieri. Secondo il Centro studi impresa e lavoro, negli ultimi cinque anni se ne sono andati 555 mila italiani, dei quali il 40 per cento giovani sotto i 34 anni. Ed in Veneto nel mese di marzo perfino il saldo migratorio è stato negativo. Eppure viviamo una situazione di strabismo sociale: perché la percezione netta è quella dell’invasione. Non conta molto sapere che l’Italia accoglie solo un rifugiato ogni mille abitanti contro gli 11 della Svezia o i 3,5 della Francia. O che il Veneto ospita solo il 7 per cento degli arrivati. Dimenticando che comunque il loro sogno è il nord Europa. I flussi dei profughi suscitano sentimenti di pietà e compassione sovrastati però dalla paura del meticciamento forzato, del non essere più padroni a casa propria. Di essere un po’ alla volta «deitalianizzati». O «devenetizzati». Spaventati da una globalizzazione inizialmente amica che poi è divenuta minacciosa: dall’invasione della concorrenza cinese a quella appunto dei migranti. Stiamo vivendo una «tempesta demografica perfetta». Un secolo fa l’Europa pesava demograficamente nel mondo per il 25 per cento e l’Africa solo qualche punto percentuale: nel 2050 l’Europa conterà il 7 per cento e l’Africa il 25. Nei prossimi venti anni l’Africa sub sahariana sarà un enorme motore demografico che pomperà 900 milioni di abitanti. In questa Europa declinante Germania ed Italia sono oggi le nazioni più vecchie e con meno nati. Ma la Germania sta accogliendo generosamente abbondanti quote di profughi e le previsioni al 2050 indicano una crescita della sua popolazione. Sarebbe ora di passare dalla sopportazione confusa all’investimento: cioè all’italianizzazione (integrazione) degli stranieri che «ci servono» per raddrizzare la demografia del segno meno. La generosità dell’emergenza umanitaria è nobile ma sterile se non viene proiettata in un disegno inclusivo dallo sguardo lungo. E razionale, possibilmente.