La Resistenza raccontata da Renzo Zorzi
L’opera dello scrittore veronese sabato in edicola con il Corriere della Sera
Sabato prossimo, in edicola con il Corriere della Sera, ci sarà il libro del veronese Renzo Zorzi dal titolo «Cinquecento quintali di sale», storia vera della Resistenza.
Fra il 1943 e il ’45 a Verona erano insediati i comandi di ben dieci diversi corpi di polizia, tra italiani e tedeschi. Una rete di sorveglianza asfissiante e tuttavia scontata per la capitale della Repubblica Sociale e, attraverso il Brennero, porta d’ingresso degli occupanti nazisti.
In provincia, e specialmente nella Bassa che si allarga verso Vicenza, Padova e Rovigo, i controlli risultavano più facili da eludere. Ma, quando scattavano, erano pretesto per feroci repressioni.
Era perciò fatale che, in un contesto tanto sfavorevole dal punto di vista militare, la lotta al nazifascismo abbia avuto evoluzioni tormentate e di grande violenza. Basta una contabilità di base, per capirci: sui 4.000 resistenti che si mobilitarono qui , 800 sono stati uccisi in azione o dopo esser stati presi e deportati nei lager.
Una carneficina in qualche caso sfociata in nefandezze difficili persino da rievocare.
È dunque forse anche per ragioni di indicibilità che la letteratura resistenziale maturata da queste parti ha evitato l’epica agiografica della guerra partigiana. Piuttosto che ispirarsi a calcoli celebrativi, il racconto plurale di scrittori come Meneghello, Zorzi e Dusi (coetanei e impegnati più o meno nelle medesime zone) si è quindi concentrato sulla gente comune, umili contadini, le cui sofferenze erano descritte in parallelo con i dilemmi del percorso morale compiuto dai combattenti per la libertà. Storie di partigiani di pianura raccontate da Renzo Zorzi in «Cinquecento quintali di sale», pubblicato nel 1962 da Feltrinelli, e riproposto dal Corriere della Sera a partire da sabato 5 settembre, nella collana «Biblioteca della Resistenza» .
Il racconto che dà il titolo al libro è autobiografico e riassume una vicenda vera e documentata. Nelle campagne come nelle città uno dei beni più rari durante quella stagione è il sale. Vale così tanto che i nazifascisti ne offrono cinque chili a chiunque denunci un «ribelle». E un gruppo di partigiani guidati appunto da Zorzi - nome di battaglia «Macchia» - riesce a trafugare l’inverosimile quantità di cinquantamila chili di sale dalla Montecatini di Vicenza, con il progetto di distribuirlo a basso prezzo e ricompensare le famiglie per il ricovero dato alle proprie formazioni disperse.
La mossa può essere decisiva. Solo che l’avventuroso viaggio di quella merce subisce una serie di imprevisti, tra avidi mediatori, l’indifferenza dei carrettieri incaricati del trasporto e delazioni… E alla fine una parte del carico finirà per sciogliersi sotto un diluvio di pioggia.
Una vicenda minima, rispetto alle rischiose azioni cui ha partecipato Zorzi. Ma il suo racconto resta tutt’altro che marginale per capire lo spirito di quei giovani che avevano impugnato le armi per restituire onore all’Italia e che della vita vera non avevano ancora esperienza.
Quando si svolgono i fatti, il narratore è uno studente di lettere e la sua coscienza civile trova iniziazione all’Università di Padova, dove sono in cattedra Norberto Bobbio e Concetto Marchesi.
Il capo di «Giustizia e Libertà» è un pretore di Lonigo, Ettore Gallo, destinato a diventare presidente della Consulta. È’ lui ad affidargli la responsabilità di organizzare la Resistenza nella «“profonda pianura». E l’impatto con quella realtà è sconvolgente più di qualsiasi proclama politico. Una scuola che fece crescere quell’avanguardia borghese e anticonformista di studenti nati «dentro» il fascismo e votati a un futuro da intellettuali.
Già perché Renzo Zorzi, nato a Verona nel 1921 e scomparso ad Albisano di Torrid el Benaco nel 2010, subito dopo la guerra è stato condirettore di «Verona Libera», testata che tra il 1945 e il ’ 46 sostituì il giornale «L’Arena
Poi cominciò la carriera di manager editoriale, alla De Silva e alla Nuova Italia e, dal 1952, chiamato da Adriano Olivetti, alla guida delle Edizioni Comunità, chiudendo la carriera alla Fondazione Cini. È stato autore di saggi e monografie storiche.