Veneto, disoccupazione in calo In Italia va meglio solo Bolzano
L’Istat: nel secondo trimestre al 6,6%, un anno fa al 7,1. «Effetto Jobs Act»
Alla fine di giugno in Veneto le persone che cercavano un impiego erano 145 mila, ossia 14 mila in meno rispetto a un anno prima e il tasso di disoccupazione era del 6,6% contro il 7,1% di metà 2014 (-0,5%), il più basso in Italia a parte che in provincia di Bolzano (3,6%, a livello nazionale al 12,1%). Lo rileva l’Istat e se lo aspettavano un po’ tutte le associazioni di categoria e sindacali. Da qui a dire che il quadro occupazionale nel prossimo trimestre possa essere ulteriormente migliorato, tuttavia, il passo è lungo e incerto. Anche perché a fronte di un tasso di occupazione invariato (64,1%), in termini assoluti gli occupati sono scesi di 9.000 unità, assestandosi a 2.071.000.
«La svalutazione dell’euro rispetto al dollaro e il dimezzamento del prezzo del petrolio hanno aiutato, ma non è un nostro merito» è la prima considerazione di Luciano Miotto, vice presidente di Confindustria Veneto con delega alle Relazioni sindacali. «Mi chiedo cosa potrà succedere quando, dal 1 gennaio, non avrà più effetto quel provvedimento della Legge di Stabilità che consente la decontribuzione Inps per i nuovi assunti e grazie al quale abbiamo siglato in questi mesi migliaia di nuovi contratti a tempo indeterminato. Questo per dire – conclude Miotto – che è il costo del lavoro la dimensione esagerata che fa da freno alle assunzioni. Prima di intervenire sulle tasse per la casa Dati in % ITALIA Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino A.A. Bolzano Trento VENETO Friuli V. Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna io penserei piuttosto a trovare i soldi per reiterare gli incentivi alle aziende che creino nuova occupazione stabile».
Che il miglioramento degli indici occupazionali sia in buona misura un effetto dei provvedimenti governativi, genericamente raccolti nella definizione di «Jobs Act», è il punto di vista anche di Luigi Curto, presidente regionale della Confartigianato. Il quale, tuttavia, introduce l’incognita che al 30 giugno, data di chiusura dell’indagine trimestrale dell’Istat, non si era ancora manifestata la patologia dell’economia cinese.
«Le aziende venete sono state «Sarebbe interessante capire quanto incidano sul dato le componenti stagionali - riflette Zanon - Nel nostro settore è abbastanza normale assistere ad un incremento dei contratti di lavoro fra aprile e settembre».
Se poi altre statistiche dicono che quest’anno c’è stato un boom di turisti si tratta di un’illusione ottica data dal confronto con l’infelice stagione climatica del 2014. «C’è stata più gente sulle spiagge – ammette il presidente di Confcommercio Veneto – ma ricordiamoci che la situazione economica dei veneti non è cambiata, si conservano vecchie abitudini, ma si spende meno. Per capire se il lavoro sia aumentato anche in settori diversi dal nostro bisognerà attendere le tabelle dell’Istat di fine anno».
Osserva invece Franca Porto, segretaria generale regionale della Cisl: «I segnali di miglioramento li vediamo da molti mesi e dati macroeconomici come quelli sulla disoccupazione vanno valutati sul lungo periodo. Vero che le imprese hanno investito in innovazione, che il manifatturiero torna a dimostrarsi la vera locomotiva dell’economia veneta nel suo complesso. La capacità di reazione delle imprese c’è stata e adesso il tema che davvero mi preoccupa è la situazione delle banche popolari. Industria, politica e anche sindacato dovrebbero considerarla con molta attenzione».