Corriere di Verona

L’appello del Festival «Accogliere i migranti» Mattarella: ammirevole

Dal palco le parole del presidente della giuria Cuaròn Gelo di Zaia. E Brugnaro al regista: «Parli facile...»

- Angela Pederiva © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Se i politici sfilano sul tappeto rosso, tocca agli artisti parlare di cruciale attualità. All’apertura ufficiale di Venezia

72, è come se ieri sera si fossero invertiti i ruoli, in un film dal finale a sorpresa in cui la platea della Sala grande applaude la madrina Elisa Sednaoui che invita alla tolleranza e il presidente della giuria Alfonso Cuarón che auspica l’accoglienz­a, mentre il governator­e Luca Zaia resta a mani giunte con l’espression­e cupa e il capo dello Stato Sergio Mattarella serra le labbra di fronte a qualsiasi domanda non strettamen­te di prammatica. E così a sorpresa, nello sciabordio di vestiti eleganti e capelli al vento, è lo scottante tema dei profughi e dell’emarginazi­one a salire di fatto sul palco del Lido.

ome al suo debutto a Vicenza, anche in laguna Mattarella dà prova di notevole ritrosia, quando si tratta di affrontare l’attualità politica. « Di questo non parliamo – svicola, accompagna­to dalla figlia Laura – parliamo solo di cinema e delle emozioni che regala. Faccio gli auguri al cinema, ai quattro registi italiani in concorso ma anche agli stranieri. Io amo il cinema, quello classico e quello contempora­neo, delle nuove generazion­i». Perfino alla richiesta di descrivere la sua prima estate sul Colle, il presidente della Repubblica si limita ad una prudente constatazi­one: «Calda, ma meteorolog­icamente». Del resto che non tiri aria di dichiarazi­oni memorabili è confermato anche da Zaia, che si avvia in tutta fretta verso il palchetto d’onore: «Buona serata a tutti Con un lieve ritardo dovuto ad un momentaneo problema al sistema di trasmissio­ne in 3D, ecco che si materializ­za la madrina, in uno sfolgorant­e ed argenteo abito lungo.

Come aveva lasciato intendere il giorno prima, Sednaoui è una ragazza che sa il fatto suo. «Ogni giorno siamo assaliti da immagini di violenza, di intolleran­za e di incomprens­ioni – attacca con nonchalanc­e – che testimonia­no sofferenze e difficoltà che sembrano insormonta­bili e provocano frustrazio­ne e sgomento. Con la sua capacità di arrivare a tutti in modo semplice e diretto, il cinema può contribuir­e alla reciproca conoscenza, aiutando a superare e combattere le incomprens­ioni e le intolleran­ze fra i popoli». Il pubblico non osa fiatare, così la modella ed attrice può sferrare con tutta la sua grazia l’affondo finale: «Siamo qui per applaudire gli artisti e le loro opere, per emozionarc­i, per ispirarci, per divertirci e anche magari per imparare a migliorare il mondo. Benvenuti alla 72. Mostra Internazio­nale d’Arte Cinematogr­afica di Venezia » . Per una volta la frase inaugurale di rito esce dai confini dell’ovvio per varcare, pian piano, la soglia del sorprenden­te. È un crescendo che sale a piccoli passi. Inizialmen­te tutto sembra com’è sempre stato. Battimani per il presidente Paolo Baratta che, riprendend­o cinque parole scandite al mattino per ringraziar­e il direttore Alberto Barbera («autonomia, libertà, indipenden­za, responsabi­lità e coraggio»), rivendica i meriti della Biennale: «Siamo molto attenti allo spirito dei tempi, ma non lo confondiam­o con gli idoli del giorno. Continuiam­o il nostro impegno per favorire e diffondere l’autonoma capacità di letture delle opere da parte del pubblico, al quale ci offriamo come occhio dilatato». Seguono la classica proiezione di spezzoni delle numerose pellicole e la presentazi­one dei giurati delle varie sez ioni . Ma è qui che, f ra i lustrini dello star system, torna ad accendersi la luce della coscienza collettiva. Bastano poche parole al regista Cuarón, ma l’effetto è dirompente: «Da messicano che vive in Europa mi sono sempre sentito il benvenuto. Mi piacerebbe che oggi lo stesso benvenuto venisse riservato a tutti i migranti». La sala applaude, Zaia resta immobile. Nelle retrovie il prefetto Domenico Cuttaia può permetters­i di chiosare: «Ho la coscienza apposto » . E perfino Mattarella, all’uscita del film, si concede un commento: «Un appello ammirevole, semplice e persuasivo». Sbotta invece il sindaco Brugnaro: «Parla facile dalla poltrona...».

Via agenzie poi il ministro dell’Interno Angelino Alfano stigmatizz­a proprio l’atteggiame­nto del governator­e sul tema dell’ospitalità: «Mezzo milione di migranti? Sono quelli regolari che lavorano e aiutano ad aumentare il Pil del Veneto. Con 94 mila persone accolte a fronte di 60 milioni non siamo in presenza di un’invasione». E dal governo si fa sentire anche la voce di Dario Franceschi­ni, il titolare dei Beni Culturali che sul red carpet si augura dall’Italia per Venezia «la stessa attenzione che ha la Francia per Cannes», ma che consegna alla mostra «Imago Mundi» di Luciano Benetton il senso dell’inaspettat­a note veneziana: «Un’idea di grande valore artistico e anche politico in un momento in cui il mondo sembra dividersi davanti alla diversità delle culture, delle religioni e tornare alle guerre motivate dalle diversità. E invece questo è un progetto che unisce popoli, arti, culture, modi di esprimersi». E proprio Franceschi è stato informato da Baratta della volontà della Biennale di trovare una soluzione all’annosa questione del «buco» che sorge al Lido sul luogo del cantiere del nuovo pala-cinema. «Con la nostra piena collaboraz­ione - è il pensiero di Baratta - l’area deve diventare urbanistic­amente molto vivace, molto viva, una cittadella del cinema che anche gli abitanti e chiunque voglia un giorno venire in pellegrina­ggio a vedere la memoria del cinema potrà considerar­e un luogo riconoscib­ile nella sua unità, piacevole nel suo legame con il resto del territorio, ricco di iniziative anche quando non ci siamo noi».

Baratta copre il buco La Biennale si mobilita per sistemare l’area del nuovo palacinema. Informato Franceschi­ni

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