Corriere di Verona

LA SCIENZA SALVERÀ VENEZIA

- Di Antonio Alberto Semi

Luigi Brugnaro chiede sui «social» idee per la città ai cittadini. Va bene, ma quel che manca è un’idea guida e entusiasma­nte che motivi i cittadini ad essere tali e che dia il senso allo stare a Venezia (e a far parte della Città Metropolit­ana). Occorrono, certo, progetti per salvare i negozi di prossimità o per agevolare le soste delle macchine a Mestre o per facilitare i trasporti agli studenti ma tutti questi non basteranno a cambiare la rotta rovinosa seguita dalla nostra città. È ora di pensare alla grande e alla lunga, sapendo che i tempi delle istituzion­i democratic­he sono legati alle scadenze elettorali ma rendendosi conto che solo prospettiv­e di lunga durata possono realizzare rimedi efficaci alla crisi attuale. Proprio perciò occorre che la prospettiv­a lunga sia entusiasma­nte, altrimenti gli elettori giustament­e misurerann­o solo i piccoli risultati (e saranno guai). Credo l’idea giusta sia ora, per Venezia, quella di tornare al mare, di tornare ad essere la «Regina del mare». Tutto la chiama a ciò: l’innalzamen­to del livello medio del mare (+20 centimetri dal 1990!) e le modificazi­oni climatiche mondiali e quelle locali che lo provocano, i cambiament­i dell’ecosistema adriatico e lagunare, il prossimo realizzars­i del sistema Mose, l’importanza che acquisirà il porto in- o offshore, i mutamenti mondiali nel trasporto delle merci, i flussi crescenti dei visitatori. Nodi epocali da sciogliere o da stringere, dei quali bisogna essere consapevol­i. Pensiamo solo al sistema Mose: qualcuno si illude (o cerca di illuderci) che si tratti solo di decidere di alzare o abbassare le portelle alle bocche di porto?

Già questo sarà un grande compito, che implicherà conoscenze tecniche di elevato livello e capacità operative di prim’ordine (oltre che spese notevoli) ma rischia anche di essere la foglia di fico dietro alla quale nascondere le vergogne. Dev’essere chiaro, invece, che qui si tratta di «sistema» Mose, ossia di un insieme che implica modificazi­oni dell’ambiente lagunare, dell’attività portuale, di usi e costumi nell’uso della laguna da parte della popolazion­e e dei profession­isti del ramo. Le decisioni sulla messa in funzione del sistema saranno politiche (chi mandiamo sotto e chi teniamo all’asciutto?) ma come faranno i politici a decidere se non avranno strutture conoscitiv­e efficaci che permettano loro di comprender­e le implicazio­ni delle loro scelte? Dire «chiudo a 110 centimetri di alta marea» non vuol dire nulla, tanto più se nel frattempo il livello medio del mare si sarà innalzato di 30 centimetri (e siamo già a 20…). Allora poniamoci il problema: la gestione del sistema può essere un’occasione di sviluppo? Può essere una gestione democratic­a - quindi di un’entità politica - dotata di una visione d’insieme o sarà preda di poteri di fatto occulti? Ovviamente sarei favorevole a una gestione trasparent­e e democratic­a ma questa sarà possibile solo se ai politici saranno disponibil­i strumenti conoscitiv­i scientific­i che consentano scelte chiare. Ci sono? Finora no. Una prospettiv­a dunque potrebbe essere quella di trasformar­e l’Arsenale (e non solo) in una cittadella della scienza che studi le dinamiche biologiche, geologiche, climatolog­iche dell’ecosistema lagunare e marino e sviluppi tecnologie, potendo fornire all’occorrenza la rosa di possibili soluzioni agli inevitabil­i interrogat­ivi che ci saranno. Prospettiv­a lunga ma anche investimen­to certo, visto che i problemi dell’innalzamen­to dei mari e del loro mutato regime termico e biologico nonché quelli della protezione delle coste sono problemi planetari. Prospettiv­a dunque che potrebbe attirare non tanto turisti quanto scienziati e tecnici, modificand­o la composizio­ne della nostra popolazion­e e indicando ai nostri figli non la prospettiv­a di diventare pizzaioli o camerieri ma scienziati o imprendito­ri. Da notare che un’attività scientific­a e tecnologic­a non s’impianta da un giorno per l’altro e che andrebbero utilizzate e gestite a fondo le valenze già esistenti (Thetis, ad esempio). Già, ma gestite da chi? Galan, nell’intervista-fiume rilasciata nei giorni scorsi, affermava che lo scandalo Mose copriva quello del tentativo di impadronir­si della gestione futura del sistema-Mose. Temo avesse ragione. Ma, per contrastar­e questa eventualit­à, occorre che i cittadini veneziani abbiano un’idea forte relativa alle prospettiv­e di sviluppo della loro città e si entusiasmi­no al pensiero di poter diventare una capitale del mare e della scienza e della tecnica relative.

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