Belle e sfacciate, le proletarie della bellezza
Miss Italia? Oggi è la «proletarizzazione» dell’avvenenza
Mettile insieme e viene fuori una rivendicazione sindacale; uniscile – l’abbiamo fatto – e hai una sommossa. Quella delle belle, delle fortunate, perché anche la bellezza deve difendersi e la fortuna non basta, perché la vita ha i suoi modi di essere dura anche con le belle.
Quindi bisogna tutelarsi. Scafate e scanzonate, irriverenti, lampeggianti d’ironia, rese più belle dal paradosso. Sono l’avamposto coalizzato che il Veneto mette in fila al 76esimo concorso nazionale di miss Italia, 14 ragazze, l’avvenenza in cerca di lavoro, l’eccellenza del fisico alla prova del mercato, quella che ride di sé, di noi e di una gara che è diventata un concorso ministeriale.
«Siamo discriminate, i ragazzi che troviamo sono gelosi e diventano insopportabili, quelli sotto il metro e ottanta si fanno i complessi, quelli con l’altezza giusta sono insignificanti. E miss fascia qua e miss fascia là, miss mutanda. Ma lo capite che è un problema vivere da strafighe?».
Jesolo, via Bafile, terrazzo dell’albergo Smeraldo. Si ride. Il simposio della bellezza veneta gentilmente concesso dall’organizzazione peraltro occhiuta e incline a credere ad un mondo popolato da manomorte e sporcaccioni, il convivio dicevamo, può cominciare.
Passa un ragazzo con l’altezza giusta, lungo e sconsolato.
È la quarta volta che passa. «Alla quinta questo mi esplode per la timidezza, lo vedi quanto è rosso? Ciao – gli grida dietro Angela Robusti, 25 anni, quasi 26 , architetto di Veggiano, veterana, era a Salsomaggiore nel 2012 – Visto? Non ha avuto il coraggio di fermarsi. Ecco una discriminazione. E ora la smetta di sottolineare i 25 anni, certo che sono la più vecchia, faccio da chioccia».
La chioccia, il pulcino, la sfacciata e la timidina, quella che non farà mai l’attrice – «alle recite facevo il pinguino» – quella che Bovolone è piccolo «ma me ne frego», l’altra che è pure di Bovolone ma non si sono mai incontrate, quella che di nome fa Frizzo e pubblicizza l’acqua Rocchetta, quella che è di Chirignago ma viene dal Venezuela per la quale «è importante che sia simpatico ma se ha i soldi si tira avanti meglio», quella che l’azienda di packaging le ha dato 25 giorni di ferie e «magari mi tifa contro». L’una e le altre, le tutte e le diverse, se non proprio un simposio, la terza C della bellezza, 14 ragazze in libera uscita al tavolo della roulette che neanche l’Aleksej di Dostoevskij. Queste erinni dell’estetica esagerata sono decostruttiviste, postmoderne, vivono con allegria il declino della manifestazione merigliana, credono nella fortuna e dubitano delle giurie. C’è da rifarsi il cuore.
Arrivate l’altra mattina nell’orrenda hall del Pala Arrex di via Aquileia che sembrava di essere a Fiumicino con lo sciopero dei controllori di volo, scaricate dai pullman, semilavorato in attesa di finitura, sottoposte a check-in, con badge, numero identificativo, borsa e creme, divisa e vestito, le ragazze sono state registrate e subito smistate nei rispettivi alberghi. Arrivava il pullman delle siciliane e ti aspettavi un carico di bellezze meridionali, s’annunciava la corriera delle campane e credevi in un miraggio napulitano.
Niente di niente, abruzzesi o lombarde, pugliesi o venete, la materia prima selezionata per la grande esposizione jesolana conferma la raggiunta unità nazionale: a parte l’accento, non c’è modo di distinguere le une dalle altre, è il proletariato della bellezza, la forza lavoro dell’entertainment. S’odono squilli di rivolta. «Avrò firmato 20 pagine di liberatorie», venti pagine di obblighi spiega Rita Buonocunto dal nome profetico.
Dante Meloni, un vecchio fotografo, si aggira per il Pala Arrex solo e gentile, da 30 anni scatta fotografie senza compenso, in archivio ne ha più di 15 mila, guarda in macchina e vede lontano quando Maranello metteva a disposizione 100 Ferrari per le miss e «le gelaterie offrivano coni alle ragazza, la folla faceva ala e tutta Salsomaggiore stava alla finestra». Allora Sanremo e Miss Italia erano il Natale e la Pasqua della televisione, la Rai officiava. Ora c’è «La 7», si corre come per un posto di insegnante, il sud prima di tutti.
«Ha notato? Tre siciliane ai primi tre posti negli ultimi tre anni?». Il fotografo solitario y final, scatta ancora: «Colpa del televoto, il Sud vota in massa le sue, ci crede più del Nord perché ne ha più bisogno. Un posto all’Usl come una fascia a Miss Italia». Tristeza latina, ripresa che stenta, così anche il «dono effimero» cantato da De Andrè passa al mercato del lavoro e la stendhaliana «promessa della felicità» si fa aspettativa di reddito. La bellezza, «quella cosa che diventa noiosa come la virtù», attende la sua insurrezione.
Siamo discriminate: o sono gelosi e insopportab ili, oppure quelli sotto i 180cm sono complessati