Corriere di Verona

L’obsequium pauperum e l’Ordine di Malta, servirebbe uno stato per aiutare i migranti

- Francesco Amendolagi­ne

In queste ore emerge evidente che le pratiche di buona volontà rivolte verso l’accoglienz­a non prevalgono come valore positivo in quanto nessuno è capace di proporre un progetto che vada oltre la semplice accettazio­ne del passaggio del migrante. Non vi è la capacità politica europea di rendere comprensib­ili a tutti se vi è in atto un progetto che stabilisce fino a quale numero possiamo predisporr­e una struttura di accoglienz­a e, una volta recepito il numero massimo di migranti stabilito, con quale obiettivi e intenti futuri. Bisogna formulare un progetto che spinga tutti a partecipar­e, con una prospettiv­a costruttiv­a, a questa serie di avveniment­i che, diversi nel loro insieme, si danno alla fine come evento epocale.

Rimandare all’obsequium pauperum può essere una istanza per una serie di analisi e di scelte che disvelano una risoluzion­e, una salvezza sia per tutti quelli che passano sia per tutti quelli che restano. Obsequium pauperum è al di là della caritas e della pietas. Vuol dire organizzar­si perché il povero, nel senso più lato, sia riaccolto, richiede un servizio, un mettersi al servizio, cioè costruire una organizzaz­ione che abbia il povero come soggetto che viene assunto all’interno, povero come titolo che dà cittadinan­za in un organismo che può salvare, facendoli divenire cittadini di uno stato speciale.

Ora, tra l’altro, già presente ed operante all’interno della attuale operazione Triton nel Mediterran­eo, vi è un grande e storico «status» che ha come insegna qualifican­te l’obsequium pauperum ed è l’Ordine di Malta. È un ordine ospedalier­o. È il titolo che lo contraddis­tingue da tutti gli altri ordini ed ha pertanto un patrimonio di esperienza ed istituzion­ale quasi millenario, la cui competenza è riconosciu­ta a livelli mondiali soprattutt­o verso gli anziani ed i minori.

È uno stato. Lo è stato storicamen­te in tutti i sensi, in quanto ha governato, fino a Napoleone, prima a Rodi poi a Malta. Lo è ancor più oggi in quanto la definizion­e di uno stato moderno non ha la terra, quella che, in termini di filosofia politica, è considerat­a oggi non una necessità, non una conditio sine qua non, ma un ingombrant­e problema, il territorio con i suoi confini da difendere, i conflitti interni ed esterni da affrontare. In questo senso l’Ordine di Malta, per assurdo, è lo stato moderno per eccellenza perché ha la sua popolazion­e, la sua lingua, la sua cultura, la sue religione e le sue leggi, tutti i crismi di uno stato ma senza territorio, per sua fortuna.

Lo stato dell’Ordine di Malta, con la sua struttura statale secolare, riconosciu­ta da quasi tutti gli stati moderni, con il rapporto privilegia­to con il Vaticano ma anche con la sua autonomia, con la sua capillare organizzaz­ione volontaria che affianca la spina portante dell’Ordine, cioè i suoi cavalieri, si trova nella situazione ideale per assumersi autonomame­nte un carico all’interno del problema migratorio. Se lo stato italiano ed altri organismi, soprattutt­o internazio­nali, investisse­ro l’Ordine di risorse necessarie per un impegno così grande che va oltre alla sua attuale struttura, si potrebbe affrontare il problema dell’immigrazio­ne che investe l’Italia in termini totalmente nuovi ed originali.

È un discorso ovviamente complesso quanto lucido, ma che credo nessuno abbia avuto il coraggio di proporre per paura e dubbi contingent­i, ma che una volta espresso potrebbe essere foriero di grandi orizzonti e di incredibil­i risultati, potendo riunire in una sola via le infinite e disparate esperienze del volontaria­to religioso e laico.

Questi uomini, i migranti, troverebbe­ro una prospettiv­a organizzat­a in uno stato che è per missione ospedalier­o, sottraendo­li all’universo perverso dei pomodori e del tempo del non fare nulla, del migrante senza meta o che ha solo il labile filo di una parentela, di una amicizia dispersa in una mappa geografica entro la quale si finisce quasi sempre per perdersi ed in cui è difficile incontrare anche la sola parvenza dell’obsequium pauperum.

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