L’obsequium pauperum e l’Ordine di Malta, servirebbe uno stato per aiutare i migranti
In queste ore emerge evidente che le pratiche di buona volontà rivolte verso l’accoglienza non prevalgono come valore positivo in quanto nessuno è capace di proporre un progetto che vada oltre la semplice accettazione del passaggio del migrante. Non vi è la capacità politica europea di rendere comprensibili a tutti se vi è in atto un progetto che stabilisce fino a quale numero possiamo predisporre una struttura di accoglienza e, una volta recepito il numero massimo di migranti stabilito, con quale obiettivi e intenti futuri. Bisogna formulare un progetto che spinga tutti a partecipare, con una prospettiva costruttiva, a questa serie di avvenimenti che, diversi nel loro insieme, si danno alla fine come evento epocale.
Rimandare all’obsequium pauperum può essere una istanza per una serie di analisi e di scelte che disvelano una risoluzione, una salvezza sia per tutti quelli che passano sia per tutti quelli che restano. Obsequium pauperum è al di là della caritas e della pietas. Vuol dire organizzarsi perché il povero, nel senso più lato, sia riaccolto, richiede un servizio, un mettersi al servizio, cioè costruire una organizzazione che abbia il povero come soggetto che viene assunto all’interno, povero come titolo che dà cittadinanza in un organismo che può salvare, facendoli divenire cittadini di uno stato speciale.
Ora, tra l’altro, già presente ed operante all’interno della attuale operazione Triton nel Mediterraneo, vi è un grande e storico «status» che ha come insegna qualificante l’obsequium pauperum ed è l’Ordine di Malta. È un ordine ospedaliero. È il titolo che lo contraddistingue da tutti gli altri ordini ed ha pertanto un patrimonio di esperienza ed istituzionale quasi millenario, la cui competenza è riconosciuta a livelli mondiali soprattutto verso gli anziani ed i minori.
È uno stato. Lo è stato storicamente in tutti i sensi, in quanto ha governato, fino a Napoleone, prima a Rodi poi a Malta. Lo è ancor più oggi in quanto la definizione di uno stato moderno non ha la terra, quella che, in termini di filosofia politica, è considerata oggi non una necessità, non una conditio sine qua non, ma un ingombrante problema, il territorio con i suoi confini da difendere, i conflitti interni ed esterni da affrontare. In questo senso l’Ordine di Malta, per assurdo, è lo stato moderno per eccellenza perché ha la sua popolazione, la sua lingua, la sua cultura, la sue religione e le sue leggi, tutti i crismi di uno stato ma senza territorio, per sua fortuna.
Lo stato dell’Ordine di Malta, con la sua struttura statale secolare, riconosciuta da quasi tutti gli stati moderni, con il rapporto privilegiato con il Vaticano ma anche con la sua autonomia, con la sua capillare organizzazione volontaria che affianca la spina portante dell’Ordine, cioè i suoi cavalieri, si trova nella situazione ideale per assumersi autonomamente un carico all’interno del problema migratorio. Se lo stato italiano ed altri organismi, soprattutto internazionali, investissero l’Ordine di risorse necessarie per un impegno così grande che va oltre alla sua attuale struttura, si potrebbe affrontare il problema dell’immigrazione che investe l’Italia in termini totalmente nuovi ed originali.
È un discorso ovviamente complesso quanto lucido, ma che credo nessuno abbia avuto il coraggio di proporre per paura e dubbi contingenti, ma che una volta espresso potrebbe essere foriero di grandi orizzonti e di incredibili risultati, potendo riunire in una sola via le infinite e disparate esperienze del volontariato religioso e laico.
Questi uomini, i migranti, troverebbero una prospettiva organizzata in uno stato che è per missione ospedaliero, sottraendoli all’universo perverso dei pomodori e del tempo del non fare nulla, del migrante senza meta o che ha solo il labile filo di una parentela, di una amicizia dispersa in una mappa geografica entro la quale si finisce quasi sempre per perdersi ed in cui è difficile incontrare anche la sola parvenza dell’obsequium pauperum.