Finora soltanto 106 i ricorsi presentati a Verona
Si cerca il patrocinio gratuito. A Verona 106 casi in Corte d’Appello, 30 sono già stati discussi
Finora, su 919 domande di asilo esaminate in prefettura a Verona e mille a Padova, lo status di rifugiato è stato concesso solo al 6% dei migranti. Eppure i ricorsi depositati sono appena 206. Al 24 settembre la prefettura scaligera contava 2727 domande pendenti (919 delle quali esaminate) e 106 ricorsi. Ci vuole un anno per avere il «verdetto» e per carenza di legali con gratuito patrocinio. Le onlus li cercano.
Su un punto prefetti e sindaci veneti sono perfettamente d’accordo, al punto da aver lanciato lo stesso appello al ministro dell’Interno, Angelino Alfano: vanno ridotti i tempi per l’esame dei ricorsi presentati dai migranti che non hanno ottenuto l’asilo politico. Oggi tra il deposito e il verdetto finale passa un anno, durante il quale l’interessato rimane in un limbo, non è ancora nè clandestino nè rifugiato. E quindi non può lavorare, ottenere nuovi documenti, riorganizzarsi una vita. Deve restare a carico del governo. Ma spesso si volatilizza, diventa clandestino, tenta la fuga in altri Paesi, quando non finisce nella rete della criminalità. Ecco, i tempi della giustizia sono uno dei motivi alla base dei pochi ricorsi finora presentati in Veneto da profughi non riconosciuti tali dalle commissioni di Verona e Padova. Al 24 settembre la prefettura scaligera contava 2727 domande pendenti (919 delle quali esaminate) e 106 ricorsi. Lo status di rifugiato è stato concesso solo al 6,3% dei richiedenti, rifiutato al 62,8%. I primi trenta ricorsi sono stati discussi in Corte d’Appello a Venezia a metà settembre e se ne attende l’esito, gli altri 76 saranno dibattuti tra ottobre e novembre.
Nella città del Santo la commissione insediata dal ministero dell’Interno ha vagliato mille istanze e deve valutarne altre 1400, 300 delle quali ereditate da Verona. Al 31 agosto è stato rifiutato l’asilo a 450 migranti, 75 dei quali hanno presentato ricorso. «Sono dati incompleti — precisa la prefettura — da agosto i diretti interessati hanno 30 giorni di tempo per ricorrere ed è possibile l’abbia fatto più di qualcuno. Finora circa il 20% impugna la notifica ricevuta». E di motivi ce ne sono altri due. Primo: chi arriva non parla l’italiano, non sa come muoversi, a meno che non venga assistito dalla cooperativa incaricata dell’accoglienza o da un’associazione di volontariato. Secondo: si deve trovare un avvocato che segua la pratica con il gratuito patrocinio e non è facile. «Non si può improvvisare un ricorso — conferma Marzio Sturaro di «Razzismo Stop», forte di una rete di legali specializzati e con gratuito patrocinio — è una pratica complessa e costosa e poi bisogna preparare i migranti al colloquio con la commissione. Altrimenti rischiano, per la mancata conoscenza dell’italiano, o per ingenuità, di cadere su domande molto semplici. Per esempio, se chiedono: tu sei qui per cercare lavoro? E’ chiaro che uno risponda di sì, ma sbaglia. Se vuole ottenere l’asilo deve spiegare le ragioni che gli rendono impossibile il rientro in patria, cioè guerra, fame, discriminazioni, persecuzioni». «Noi abbiamo i nostri legali, che tengono incontri di autoformazione — rivela Stefano Ferro, volontario di «Percorso vita», la onlus di don Luca Faverin, una delle prime ad aver alloggiato i profughi in case private —. E poi ci appoggiamo agli Avvocati di strada e ai Giuristi democratici».