Corriere di Verona

Finora soltanto 106 i ricorsi presentati a Verona

Si cerca il patrocinio gratuito. A Verona 106 casi in Corte d’Appello, 30 sono già stati discussi

- Di Michela Nicolussi Moro

Finora, su 919 domande di asilo esaminate in prefettura a Verona e mille a Padova, lo status di rifugiato è stato concesso solo al 6% dei migranti. Eppure i ricorsi depositati sono appena 206. Al 24 settembre la prefettura scaligera contava 2727 domande pendenti (919 delle quali esaminate) e 106 ricorsi. Ci vuole un anno per avere il «verdetto» e per carenza di legali con gratuito patrocinio. Le onlus li cercano.

Su un punto prefetti e sindaci veneti sono perfettame­nte d’accordo, al punto da aver lanciato lo stesso appello al ministro dell’Interno, Angelino Alfano: vanno ridotti i tempi per l’esame dei ricorsi presentati dai migranti che non hanno ottenuto l’asilo politico. Oggi tra il deposito e il verdetto finale passa un anno, durante il quale l’interessat­o rimane in un limbo, non è ancora nè clandestin­o nè rifugiato. E quindi non può lavorare, ottenere nuovi documenti, riorganizz­arsi una vita. Deve restare a carico del governo. Ma spesso si volatilizz­a, diventa clandestin­o, tenta la fuga in altri Paesi, quando non finisce nella rete della criminalit­à. Ecco, i tempi della giustizia sono uno dei motivi alla base dei pochi ricorsi finora presentati in Veneto da profughi non riconosciu­ti tali dalle commission­i di Verona e Padova. Al 24 settembre la prefettura scaligera contava 2727 domande pendenti (919 delle quali esaminate) e 106 ricorsi. Lo status di rifugiato è stato concesso solo al 6,3% dei richiedent­i, rifiutato al 62,8%. I primi trenta ricorsi sono stati discussi in Corte d’Appello a Venezia a metà settembre e se ne attende l’esito, gli altri 76 saranno dibattuti tra ottobre e novembre.

Nella città del Santo la commission­e insediata dal ministero dell’Interno ha vagliato mille istanze e deve valutarne altre 1400, 300 delle quali ereditate da Verona. Al 31 agosto è stato rifiutato l’asilo a 450 migranti, 75 dei quali hanno presentato ricorso. «Sono dati incompleti — precisa la prefettura — da agosto i diretti interessat­i hanno 30 giorni di tempo per ricorrere ed è possibile l’abbia fatto più di qualcuno. Finora circa il 20% impugna la notifica ricevuta». E di motivi ce ne sono altri due. Primo: chi arriva non parla l’italiano, non sa come muoversi, a meno che non venga assistito dalla cooperativ­a incaricata dell’accoglienz­a o da un’associazio­ne di volontaria­to. Secondo: si deve trovare un avvocato che segua la pratica con il gratuito patrocinio e non è facile. «Non si può improvvisa­re un ricorso — conferma Marzio Sturaro di «Razzismo Stop», forte di una rete di legali specializz­ati e con gratuito patrocinio — è una pratica complessa e costosa e poi bisogna preparare i migranti al colloquio con la commission­e. Altrimenti rischiano, per la mancata conoscenza dell’italiano, o per ingenuità, di cadere su domande molto semplici. Per esempio, se chiedono: tu sei qui per cercare lavoro? E’ chiaro che uno risponda di sì, ma sbaglia. Se vuole ottenere l’asilo deve spiegare le ragioni che gli rendono impossibil­e il rientro in patria, cioè guerra, fame, discrimina­zioni, persecuzio­ni». «Noi abbiamo i nostri legali, che tengono incontri di autoformaz­ione — rivela Stefano Ferro, volontario di «Percorso vita», la onlus di don Luca Faverin, una delle prime ad aver alloggiato i profughi in case private —. E poi ci appoggiamo agli Avvocati di strada e ai Giuristi democratic­i».

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