Corriere di Verona

Aprirsi al futuro con il crowdfundi­ng

- Di Giorgio Benati

In occasione di uno dei magnifici incontri di «Una montagna di libri» a Cortina d’Ampezzo, di cui questo giornale ne è il major sponsor, ho avuto modo di conoscere e colloquiar­e con Serge Latouche, il celebre economista e filosofo francese noto al grande pubblico anche per la sua teoria della «decrescita».

Questo suo pensiero, non sempre condivisib­ile ma stimolante nella proposta, ha avuto un ruolo importante nei movimenti sociali dei primi anni Duemila che hanno dato vita ad alcune reti di consumator­i che si sono autorganiz­zati e stabilito poi relazioni dirette con i produttori.

Contestual­mente, l’avvento poi della sharing economy (economia condivisa), l’uso di piattaform­e digitali, dei social network, delle App e del Web in generale ne hanno facilitato e consolidat­o i contenuti. Aggregare e condivider­e diventano quindi parole chiave per generare valore aggiunto. Pensiamo a Wikipedia: solo 50 dipendenti ma ben 14 milioni di contributo­ri volontari che sono riusciti a compilare la più grande encicloped­ia mai scritta nella storia dell’umanità (si parla di oltre 3 milioni di voci), ma qui siamo nel crowdsourc­ing, che meriterebb­e altra disquisizi­one.

Oggi più che mai, creatività è collegare le cose con fantasia e passione. Pertanto, bisogna comprender­e l’era in cui viviamo e dialogare con il futuro. Come direbbe Steve Jobs: non ha senso rimanere imprigiona­ti in un’epoca che non ci appartiene più continuand­o a iterare modelli che non sono più sostenibil­i.

Nella fattispeci­e della crisi economica che attanaglia le Fondazioni lirico-sinfoniche, l’Arena ma non solo, oltre a confermare che spesso alla base ci sta un grande problema di qualità del management e conseguent­emente di scelte strategich­e e di contenuto non sempre all’altezza, ci fa capire che è altresì presente poca attenzione al cercarsi le risorse necessarie confidando nei buoni uffici e peso politico del presidente-sindaco o, comunque, sullo statopanta­lone che sempre accorre in aiuto.

Ora però non più. Le contribuzi­oni pubbliche sono sempre meno e le singole Fondazioni devono incomincia­re a camminare da sole e cercarsi le risorse. Uno strumento all’uopo oggi attuale e straordina­rio è il crowdfundi­ng (finanziame­nto collettivo), utile soprattutt­o per incrementa­re il proprio budget e sopperire alla ormai risicata contribuzi­one pubblica.

Come sappiamo, il crowdfundi­ng (termine coniato da Michael Sullivan nel 2006) è una sorta di micro finanziame­nto dal basso che mobilita persone e risorse. Ovviamente, chi intende servirsene deve porsi sul mercato rappresent­ando un progetto convincent­e ma soprattutt­o essere credibile e affidabile.

Negli Usa a fine 2012 si era registrato un giro d’affari di oltre 3 miliardi di dollari. In Italia la crescita nel settore è esponenzia­le così come le piattaform­e digitali che se ne occupano. Per utilizzare questo strumento bisogna riuscire a non farsi imprigiona­re in modelli culturali, organizzat­ivi, di vita e di lavoro ormai obsoleti e inattuali. Solo in questo modo si incomincer­à a vedere un mondo dove anche il futuro è prevedibil­e, controllab­ile, implementa­bile e sostenibil­e.

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