«Crescere si deve ma togliamo i troppi ostacoli»
Intervista a Tomat
Più spazio a fusioni e acquisizioni, che dovrebbero essere normali nella vita di un’azienda. Ma, avverte Andrea Tomat, in Italia «più si cresce e più aumentano gli ostacoli».
Andrea Tomat guarda i dati. Secondo Unioncamere, in Veneto sono attive 437.130 imprese, il 61% delle quali sono ditte individuali. Il peggio, però, è che solamente il 5,9 ha almeno dieci addetti e un misero 0,7% viaggia sopra i 50. Niente.
Mister Lotto, l’uomo che ha preso una semplice scarpa da tennis e ne ha fatto un brand conosciuto ai cinque continenti, non si scompone. «Non ho mai incontrato un imprenditore che non avesse voglia di crescere» assicura. E c’è da credergli, visto che, tra l’altro, è stato presidente di Confindustria Veneto.
«Il punto» continua «è che in Italia non si favorisce affatto lo sviluppo dell’impresa. Anzi, più cresci e più incontri ostacoli » . Vero. Eppure lo stesso Tomat riconosce che la provocazione lanciata dal Corriere Imprese, «è ora di diventare grandi», è centrata. Qualcosa occorre fare. Nelle istituzioni, dall’unione dei Comuni al sogno della macroregione del Triveneto. Ma soprattutto nel sistema produttivo: «Sì, abbiamo bisogno di grandi imprese. Perché la taglia conta, eccome».
Insomma, il famoso piccolo è bello va proprio dimenticato?
«Quello slogan è figlio di un’epoca passata. Le grandi imprese erano schiacciate tra rigidità sindacali da una parte e collateralismo con il potere dall’altra.
Per forza piccolo era bello: significava flessibilità, rapidità nelle decisioni, persino esaltazione delle competenze dei lavoratori»
Che cosa è cambiato, oggi?
«Che di giganti industriali ne abbiamo persi tantissimi. Per fortuna, a dispetto delle tasse, della burocrazia, delle
inefficienze, sono emerse le cosiddette multinazionali tascabili.
Non basta: nel 2015, alla faccia di sette anni di tsunami, il Veneto ha saputo ancora aumentare le esportazioni del 5,3%».
Il problema dimensionale, comunque, rimane.
«Per cominciare, sarebbe necessario sviluppare il settore del merger and acquisition (fusioni e acquisizioni, ndr). La compravendita di aziende è sempre esistita, fa parte delle regole di un capitalismo maturo.
Il sogno è che gli italiani siano protagonisti attivi, cioè
che acquistino imprese invece che essere acquistati. Ma qui si apre il discorso sui limiti del nostro sistema finanziario».
Ci sarebbero anche le aggregazioni. Peccato che alla stesura dei contratti di rete si preferiscano le discussioni nei convegni.
«Quella delle aggregazioni, per i piccoli, deve essere la strada maestra. Con un obiettivo chiaro: entrare nelle filiere di eccellenza, in modo da avere stimoli all’innovazione e all’internazionalizzazione».
Tomat, può riassumere, a mo’ di esempio, le tappe principali della crescita della Lotto?
«A fine anni Ottanta la quota di fatturato risultante dai mercati internazionali ha superato quella proveniente dall’Italia. Dieci anni dopo l’extra-Europa era pari al vecchio continente.
A partire dal 2010 l’area del Pacifico è diventata la più interessante per il nostro sviluppo. Attualmente abbiamo 285 milioni di fatturato e 270 dipendenti».
Quando si dice competizione planetaria.
«Esattamente così. Per questo, il discorso delle aggregazioni vale anche a livello istituzionale. Bisogna dimenticare campanili e poltrone. Pensare esclusivamente all’interesse di famiglie e imprese.
Solo le grandi aree garantiscono efficienza nei servizi. E attraggono investimenti e cervelli».