Profughi, lo Stato non paga ormai da mesi
Fioccano le proteste, dal Ministero la conferma: «Manca l’ultimo trimestre 2015». Sono venti milioni
All’appello mancano almeno 20 milioni. Pagamenti slittati di tre mesi, anche se c’è chi denuncia il doppio. I soldi per gestire l’ospitalità dei quasi ottomila richiedenti asilo in Veneto arrivano con ritardi pesanti. Della situazione, finora rimasta sepolta, nessuno parla volentieri.
All’appello mancano almeno 20 milioni di euro, ma potrebbero essere di più. Un enorme flusso di denaro che da Roma non parte, e se parte, lo fa a singhiozzo. Pagamenti slittati di tre mesi, anche se c’è chi denuncia anche il doppio. Non è un debito qualunque dello Stato: nel Veneto delle barricate dei sindaci contro gli appelli-ultimatum dei prefetti, questo è il chiodo che potrebbe saldare definitivamente la bara sull’accoglienza dei migranti.
I soldi per gestire l’ospitalità dei quasi ottomila profughi presenti nella nostra regione arrivano con ritardi pesanti. Della situazione, finora rimasta sepolta, nessuno parla volentieri. Il timore è duplice: far allontanare altre realtà solidali e soprattutto prestare il fianco alla rivolta dei contrari. Perché è proprio il governo, sempre puntuale nel chiedere o imporre collaborazione, ad aver chiuso i cordoni della borsa, mentre le cooperative sono state costrette ad anticipare il denaro. Ed ora si trovano con l’acqua alla gola.
I conti sono presto fatti: per ogni profugo è stanziata una cifra che varia dai 30 ai 34 euro al giorno. Di questi, 2,5 euro vanno al singolo ogni giorno (il cosiddetto pocket money). Il resto va all’associazione per coprire le spese di cibo, medicinali, vestiti, assistenza. Il saldo avviene ogni trimestre. O meglio, dovrebbe.
«Non ci pagano da otto mesi – racconta Abdallah Kezraji, presidente della circolo Hilal di Treviso – finora ci siamo arrangiati dando fondo a quanto avevamo e con l’aiuto di amici, ma in futuro?». Hilal gestisce fra gli altri i 55 migranti ospitati al bed & breakfast Le Magnolie di Mogliano Veneto. E’ qui, nella Marca, che il vaso di Pandora è stato scoperchiato. E’ bastata una piccola rivolta interna, andata in scena ieri mattina. I profughi hanno protestato per il mancato pagamento del pocket money di febbraio (75 euro circa ogni mese). Kezraji è riuscito a sedare gli animi, ma il suo sfogo è andato oltre. «Stiamo facendo il possibile, il problema è che avanziamo oltre 200 mila euro».
Caso isolato? Niente affatto. «Non vediamo soldi da ottobre – racconta don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso – ci occupiamo di circa 160 persone, così non potremo garantire più il nostro apporto». Ed anche nel veneziano la situazione non migliora.
«L’ultimo pagamento è arrivato 15 giorni fa – dice Maurizio Trabuio di Casa a colori, la cooperativa che gestisce l’ostello di Mira – solo che ci hanno pagato settembre e da ottobre in poi nulla. Come facciamo? Chiediamo alle banche di anticipare i soldi e poi li restituiamo quando arrivano. Certo non è possibile però chiedere cifre astronomiche».
Ovviamente dipende dalla grandezza della cooperativa. «Per l’accoglienza di un migliaio di persone per un mese si spende un milione di euro, quindi se i pagamenti arrivano in ritardo di sei mesi la banca deve anticipare sei milioni – spiega Trabuio – noi ci siamo limitati molto sul numero dei richiedenti asilo proprio per quello».
Non ci sono margini d’azione, per i gestori. «Ci hanno pagato gennaio ma ottobre, novembre e dicembre no – dice Marco Zamarchi di Villaggio Globale – mediamente i fondi arrivano con sei mesi di ritardo».
A Roma il Capo del Dipartimento Immigrazione del Viminale, Mario Morcone, conferma con una punta di amarezza. «Manca il saldo degli ultimi tre mesi del 2015. Per il 2016 il pagamento come sempre avverrà alla fine del trimestre, ora è coperto al 70 %. Faremo il possibile per sanare il disagio. Purtroppo ogni anno, nel bilancio dello Stato, il Ministero dell’Economia sottostima la cifra della quale abbiamo bisogno, i finanziamenti sono inferiori e nascono questi slittamenti».
Un ritardo di tre mesi su 30 euro al giorno per ottomila profughi: 21 milioni di euro circa. Ma c’è anche l’altro fronte di emergenza, l’accertamento dello status dei rifugiati. Così tante domande da rendere necessaria la creazione, ieri a Vicenza, della terza commissione territoriale per il diritto d’asilo e il riconoscimento della protezione internazionale (finora le uniche presenti erano Verona e Padova): avrà il compito di valutare le richieste dei migranti ospitati nel vicentino e nel bellunese. L’organo parte con una mole di lavoro di 1391 domande, ed è composto dai rappresentanti di Comune, questura, prefettura e Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. In tutto 19 persone, presenti a turno. Entrerà a pieno regime “entro aprile” ed esaminerà 16 richieste al giorno, dando la precedenza alle persone provenienti da Paesi in guerra come Afghanistan e Siria.