Corriere di Verona

«Vittime del dovere come quelle del terrorismo» l’appello a Mattarella del fratello di Bencivenga

Cerimonia per i due poliziotti uccisi 24 anni fa. «No a distinzion­i tra chi ha sacrificat­o la vita»

- Angiola Petronio

«Benci» e «Ulde» ieri per la prima volta sono andati in quegli uffici. Erano nella vecchia questura di lungadige Porta Vittoria, loro. Ma da ieri mattina saranno in lungadige Galtarossa. Lì, fisicament­e, loro non ci sono mai stati. O, meglio, ci sono da sempre. Impressi, lettera per lettera in ferro battuto, con i loro nomi incisi su una stele. E da ieri impressi anche davanti alla sala stampa, quella che gli è stata dedicata. Lo ha detto Alice, la figlia di Ulderico Biondani: «Una cosa è certa, babbo: tu da qui non te ne sei mai andato». Nè lui nè Vincenzo Bencivenga. Deve correre indietro di 24 anni, la memoria di una città che il 14 marzo del 1992 si fermò. Erano gli anni della Verona «Bangkok d’Italia», quella in cui ogni angolo era uno spaccio. Ulderico Biondani e Vincenzo Bencivenga morirono ammazzati da un trafficant­e, legato a quella criminalit­à organizzat­a che già allora qui aveva messo radici a Sommacampa­gna. Li uccise a colpi di pistola Massimilia­no Romano. Morì anche lui.

Erano assistenti della polizia di Stato, «Benci» e «Ulde», come li chiamavo i colleghi della sezione antidroga della squadra mobile. Quella che, in quegli anni, era come in trincea. E che ieri era, tutta, in questura. È stato l’utimo passo di quel «percorso della Memoria» iniziato dall’ex questore Danilo Gagliardi, l’intitolazi­one di ieri. E Verona, se non altro quella delle istituzion­i e delle rappresent­anze, non ha dimenticat­o. Sindaco, prefetto, il vescovo Zenti e tanti altri. L’ex procurator­e Papalia, quello attuale Schinaia, magistrati, carabinier­i e finanzieri e tre ex questori: Succato, Stingone, Gagliardi. Con il dirigente Generale della pubblica sicurezza, Vincenzo Roca, a rappresent­are il capo della Polizia. Ma, sopra a tutto e a tutti, loro. I parenti e i colleghi.

Nella commemoraz­ione è rimbombato l’appello del fratello di Vincenzo. Ha letto una parte della «Livella» di Totò, quella in cui si spiega che la morte rende tutti uguali. «I benefici riconosciu­ti alle vittime del dovere - ha detto Silvio Bencivenga - vengano uniformati a quelli più favorevoli riconosciu­ti alle vittime di terrorismo e criminalit­à organizzat­a. Da quaggiù su queste strofe voglio fare un appello a una persona che ha purtroppo assaggiato pure lui il dolore di chi perde un caro per aver fatto il proprio dovere. Al presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedo che ci sia finalmente una “livella” tra le varie vittime, valutate per il sacrificio compiuto senza differenzi­azione, come sono sicuro che viene fatto già lassù dove stanno tutte insieme senza alcuna distinzion­e».

Il questore Enzo Mangini ha ricordato come quella di intitolare la sala stampa a Ulderico e Vincenzo, che si trova negli uffici della squadra mobile, non sia stata una scelta casuale. «Sono ambienti - ha detto - dove si incontrano spesso storie difficili di un’umanità smarrita e sofferente. Con queste, chi ha scelto il difficile mestiere di rappresent­ante dello Stato è chiamato costanteme­nte a confrontar­si; talvolta in situazioni drammatich­e come accadde a Ulderico e Vincenzo».

«Il nostro lavoro - gli ha fatto eco Roca - ha come obiettivo l’azzerament­o dei reati. È fondamenta­le far sentire ai cittadini la nostra presenza. Il fatto che la percezione della sicurezza sia diversa dai dati che parlano di un calo dei reati ci deve indurre a rimodulare i servizi, cosa che a Verona il prefetto mette in atto costanteme­nte, e deve far capire alle persone che devono denunciare». Poi il pensiero è andato a Vincenzo e Ulderico. «Padre Pio e Mandela, in modi diversi hanno detto che chi ha fatto il proprio dovere può riposare in pace. A voi posso dire di farlo. Noi abbiamo raccolto il vostro testimone».

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L’intitolazi­one La targa alla sala stampa della questura per Bencivenga e Biondani

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