Castelvecchio, presi i banditi
Tredici arresti: in manette la guardia giurata, il fratello e la sua compagna, dieci moldavi
VERONA Tredici arresti per la rapina di Castelvecchio. Tra questi la guardia giurata e 10 moldavi.
VERONA Quattro mesi di indagini, depistaggi e assoluto silenzio. Un lavoro a ritmo serrato che sta iniziando a dare i primi frutti.
Perché da ieri il giallo della rapina di Castelvecchio messa a segno lo scorso 19 novembre ha registrato una svolta con l’arresto di tredici persone, ritenute responsabili di quello che era già stato ribattezzato come il «colpo del secolo».
Una ferita non solo per la città di Verona, ma per tutta la cultura italiana, che avrà comunque ancora bisogno di tempo per cicatrizzarsi. Perché al momento le 17 tele trafugate (si parla di un patrimonio che sfiora i 20 milioni di euro) non sarebbero ancora state recuperate. Quasi certamente, quei Pisanello e Tintoretto (ma anche Caroto, Mantegna e Rubens) sono ancora nascosti in Moldavia. Perché è nell’ex repubblica sovietica che sono state indirizzate le indagini di squadra mobile, servizio centrale operativo della polizia e nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri, coordinate dal pm Gennaro Ottaviano che ipotizza i reati di rapina aggravata, sequestro di persona e contrabbando di opere d’arte.Quelle indagini che, sin dai primi minuti successivi al colpo, si erano concentrate su Francesco Silvestri, la guardia giurata della Sicuritalia presente all’interno del museo al momento dell’irruzione dei tre banditi. Finito in manette ieri con il fratello Pasquale (anche lui con un passato da guardia giurata) e alla compagna moldava di quest’ultimo, ritenuta il trait d’union tra i due uomini e la criminalità dell’Est Europa. Oltre ai tre, le forze dell’ordine hanno fermato altri due moldavi nel Bresciano (proprio nella città lombarda era stata ritrovata l’auto del sorvegliante che i banditi avevano utilizzato per la fuga). Ma la maggior parte dei fermi di indiziati di reato sono stati eseguiti nelle stesse ore in Moldavia. Da una decina di giorni gli investigatori italiani erano partiti per Chisnau dove li attendevano i colleghi della polizia moldava, pronti a entrare in azione.
E ieri, oltre ai sette nomi su cui da tempo si erano concentrate le indagini, è stata fermata anche un’ottava persona ritenuta coinvolta nel maxi-furto. Un blitz progettato da tempo, del quale saranno forniti i dettagli nel corso di una conferenza stampa in procura oggi pomeriggio. La riservatezza, considerata l’importanza della posta in gioco, è stata massima da parte di tutti.
Ma da quanto è stato possibile ricostruire, polizia e carabinieri avevano da subito «messo nel mirino» Francesco Silvestri. Troppi i dettagli che convergevano contro di lui: a partire proprio dal suo comportamento nelle ore successive alla rapina. L’uomo, sentito dalla polizia intervenuta sul posto, era apparso da subito molto calmo. Un atteggiamento in netto contrasto con quello della spaventatissima cassiera, presa in ostaggio dai tre rapinatori.
La banda, entrata in azione all’orario di chiusura del museo, non aveva nemmeno atteso che nel cortile di Castelvecchio non vi fossero più turisti. Pistola in pugno, due malviventi avevano minacciato la cassiera e Silvestri costringendoli a stendersi a terra nell’ingresso mentre il terzo complice, indossato il giubbotto della guardia giurata, aveva invitato i turisti ad abbandonare il cortile.
Evidente sin da subito che i tre sapevano bene come muoversi in quelle sale: avevano percorso al contrario l’itinerario abituale dei visitatori ed erano andati a colpo sicuro.
E per la fuga avevano utilizzato la Lancia Phedra che Silvestri aveva in uso da pochi giorni: un veicolo perfetto per caricare tutte quelle tele, all’interno del quale l’indagato aveva persino lasciato le chiavi.
L’allarme era scattato solo dopo le 21, quando Silvestri e la cassiera si erano liberati dal nastro adesivo con cui erano stati immobilizzati. Ma nella centrale operativa della Sicuritalia, nessuno si era reso conto di quel che stava accadendo a Castelvecchio: nessuna segnalazione era partita dal museo. Troppi elementi contro la guardia, comunque rimasta sempre nel mirino della procura. E al primo passo falso, sono scattate le manette.