Dall’Ostello al campionato di prima categoria «Ho fatto gol e mi hanno abbracciato tutti»
ROVIGO Dal Mali al Polesine con in tasca il sogno di diventare un calciatore. Saydou Bathily, 19 anni, profugo, vive momentaneamente come ospite presso l’Ostello Canalbianco di Arquà Polesine ma domenica scorsa ha segnato il suo primo goal per la «Nuova Audace Bagnolo» dove gioca da metà dicembre del 2015 come attaccante di fascia sinistra. Palla in rete che, nel match contro lo Scardovari, lo ha consacrato come il nuovo bomber della squadra di Bagnolo che milita in prima categoria, girone D. Anche la squadra avversaria si è complimentata con lui. Un altro goal, simbolico, che dimostra come l’integrazione possa passare anche attraverso il mondo dello sport.
«Negli spogliatoi mi hanno abbracciato e ringraziato i compagni di squadra» racconta Saydou.
Poi il suo sorriso si smorza un attimo: «Domenica abbiamo perso però» dice dispiaciuto il giovane attaccante.
Nella struttura che lo ospita, situata in riva al canal Bianco, Saydou gioca ogni giorno a pallone con gli altri ragazzi, quando non deve andare ad allenarsi con la squadra tre volte la settimana. Luca Viaro il dirigente della Nuova Audace è soddisfatto ed emozionato per aver deciso di inserirlo in squadra: «Credo che tutti i dirigenti sportivi dovrebbero fare così. E’ un esperienza umana unica che va al di là del calcio in sé. Ringrazio l’allenatore Francesco Verza per averlo portato qui con noi».
Saydou intanto continua a sorridere e stropiccia la divisa della squadra che indossa con orgoglio. Sembra quasi lontano in lui il triste ricordo del viaggio della speranza che ha dovuto affrontare per raggiungere l’Italia. Dall’Africa prima a Bari, dove è arrivato nel 2014. Poi in Veneto, in provincia di Rovigo, dove si trova dal novembre 2015. «Siamo in sei fratelli e solo io ho la passione del calcio da quando ho 9 anni. Sono scappato in Italia perché voglio giocare a calcio, al mio paese non puoi farlo se non hai i soldi» racconta il giovane del Mali.
Prima di arrivare nel nostro paese ha giocato per qualche anno nel centro di calcio di Bamako, fondato da Seydou Keita, il centrocampista della Roma. «Stiamo inserendo anche altri ragazzi nelle squadre sportive polesane. Sono circa quindici quelli che siamo riusciti a inserire anche nel mondo della pallavolo e nell’atletica leggera» spiega Anna Marchetto, una delle operatrici della cooperativa sociale Porto Alegre che segue gli ospiti dell’ostello.
Anna, che ha aiutato Saydou a spiegarsi visto che non parla ancora bene l’italiano, ci svela che gli sta insegnando i termini specifici del mondo del calcio. «Oltre al corso di italiano che segue al mattino con tutti gli altri, lo sto aiutando con il dizionario del calcio, così può spiegarsi meglio in campo» racconta ancora l’operatrice.
Intanto alla prossima partita, quella di domenica, Saydou non ci sarà: «Devo tornare a Bari perché ho l’udienza del ricorso come richiedente asilo» racconta il ragazzo. Negli occhi la speranza di ottenere presto una risposta positiva, per iniziare a lavorare e continuare a coltivare il suo sogno di calciatore. Un’impresa visto che gli ultimi dati provenienti dalle commissioni territoriali dicono che solo un profugo su tre ottiene lo status di rifugiato. E questa percentuale non si alza di molto nemmeno dopo i ricorsi.