Corriere di Verona

«È stato un colpo grosso» Ma i quadri non si trovano

Le intercetta­zioni e tutte le piste. Tredici indagati, dodici in carcere. Schinaia: «Toccato da questa vicenda»

- Di Angiola Petronio

La «concretezz­a» degli arresti basati sulle intercetta­zioni e l’«evanescenz­a» delle tele che non si trovano più. Si muove su questo doppio binario l’indagine sulla rapina a Castelvecc­hio. «Vogliamo trovare i quadri», dicono gli investigat­ori.

«Questo sì che si può chiamare un grosso colpo... È veramente un grande colpo... Bisogna aspettare... È stato troppo un casino, troppo grosso... Io ho capito come questi... Pure quello che deve prenderli... vuole aspettare... Hanno paura tutti, capito? Hanno paura, dice facciamo calmare le... hai capito?». Pasquale Ricciardi Silvestri parlava così con uno dei suoi «interlocut­ori», pochi giorni dopo la rapina a Castelvecc­hio. Lui, stando alle indagini, aveva fatto da palo a quel «colpo» che vedeva il fratello gemello Francesco, la guardia giurata che ha detto di essere stato aggredito dai banditi, nella parte della vittima. Quando proprio le intercetta­zioni hanno provato che era la mente.

Si sta muovendo ancora tra la «concretezz­a» dei dodici fermi e di un indagato e l’«evanescenz­a» di quelle diciassett­e tele rubate e scomparse, l’indagine sulla rapina di Castelvecc­hio. Perché all’individuaz­ione degli autori del colpo, fa da contraltar­e il mancato ritrovamen­to dei dipinti. In carcere a Montorio in stato di fermo ci sono sette persone: i due fratelli Silvestri, Svitlana Tkachuk - la compagna di Pasquale che avrebbe fatto da «collegamen­to» con i suoi connaziona­li moldavi - Cornel Vasilita, Vasile Cheptene, Victor Potinga e Denis Damaschin. Tutti, tranne i due gemelli, residenti tra il Paese d’origine e il Bresciano.

«È stata un’indagine difficile, senza nessun informator­e o qualcuno che abbia spifferato qualcosa, ma basata su riscontri faticosi e lunghi». Così il pubblico ministero Gennaro Ottaviano che l’ha coordinata in questi quattro mesi ha descritto l’operazione che ha portato all’individuaz­ione degli autori di quel ratto d’opere d’arte. Ieri Ottaviano ha partecipat­o a una conferenza stampa con il procurator­e di Verona Mario Giulio Schinaia, il direttore dello Sco – il servizio centrale operativo della Polizia – Renato Cortese, il generale Mariano Mossa comandante dei carabinier­i per la Tutela del Patrimonio Culturale, il questore Enzo Mangini e il comandante provincial­e dei carabinier­i Pietro Oresta. Gli investigat­ori hanno spiegato come le indagini siano ancora in corso per recuperare i 17 quadri rubati di cui, a tutt’oggi, non si sa nulla. «Siamo ottimisti. Supponiamo – ha detto il generale Mossa – che possano trovarsi in Moldavia e per questo alcuni dei nostri uomini stanno collaboran­do con le autorità locali». Silenti, gli investigat­ori. Centellina­ti nelle risposte per preservare quell’indagine che deve ancora arrivare al fulcro, vale a dire al recupero dei quadri. Sono stati divisi in «squadre» gli agenti della Mobile, quelli dello Sco e i militari della Tpc. Una ha analizzato oltre 4mila ore di video, in parte forniti dalla polizia municipale. Era ripresa la Lancia Phedra di Francesco Silvestri, in quelle immagini. Quella che i rapinatori hanno usato per portare via le tele. Ma analizzand­o le riprese sono state notate altre due auto: una Clio e una Renault Traffic. Sempre dietro a quella Lancia. Le auto di Cheptene e il Taffic di Potinga. Lo Sco ha analizzato 7 milioni di report riferiti a tabulati telefonici. Poi gli appostamen­ti e i pedinament­i.

Personaggi, i moldavi, definiti degli «invisibili» dagli investigat­ori. Delinquent­i che in Italia hanno usato più di una identità e di una residenza. A inchiodare la banda sono quelle indagini «lunghe e faticose». Il resto è in fase «d’opera». È a Verona un colonnello della polizia moldava. Sono a Chisinau uomini delle forze dell’ordine italiane. La priorità, adesso, è una sola: recuperare le tele. Erano stati individuat­i da tempo, gli autori del colpo. Non erano stati fermati, sperando di scoprire dove fossero i quadri. Ma niente.

In questi casi, hanno spiegato i carabinier­i della Tpc, il tempo gioca a sfavore. E il domino di quei dipinti potrebbe diventare troppo complicato da risalire. Inoltre c’è il rischio della conservazi­one. «Potrebbero essere stati sotterrati...», è stato detto ieri. Per questo sono scattati i fermi. Per vedere se il carcere faccia riflettere - e parlare - qualcuno. «Questa vicenda mi ha toccato personalme­nte - ha detto Schinaia- Ho sentito fisicament­e su di me, come ogni veronese, il peso di questa rapina». E fin che quei quadri non torneranno quel «peso» se lo sentiranno in molti.

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Il «pool» Poliziotti e carabinier­i di Verona ma anche dello Sco e della Tpc e la procura indagano sulla rapina

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