Corriere di Verona

La banda di Castelvecc­hio comincia a vuotare il sacco

- An. Pe.

VERONA Neppure una parola. Silenzio assoluto e bocca cucita ieri mattina da parte di Francesco Silvestri, la guardia giurata di Sicuritali­a a cui il pubblico ministero Gennaro Ottaviano contesta nelle 27 pagine di decreto di fermo «gravissimi indizi di correità» nella realizzazi­one del «colpo del secolo» da almeno 17 milioni di euro messo a segno quattro mesi fa, la sera del 19 novembre, al museo di Castelvecc­hio. Ma qualcuno inizia a parlare.

VERONA È la Moldavia, l’altra riva del ratto di Castelvecc­hio. Quella razzia partorita da due italiani, i fratelli Silvestri, ma realizzata da dieci persone che arrivano da quella repubblica dell’Europa orientale. È lì, è stato spiegato l’altro giorno dagli inquirenti, che si cercano le 17 tele rubate a Castelvecc­hio. Ed è lì, dove due notti fa in simultanea con quanto accadeva a Verona e nel Bresciano, che sono stati arrestati cinque componenti della banda. È stata effettuata una ventina di perquisizi­oni, in Moldavia, alla ricerca di quei dipinti. Ma quegli oli sono diventati evanescent­i. È una collaboraz­ione che nasce da una vecchia indagine dei carabinier­i di Verona sulla mafia moldava. «Karakatiza», la piovra. Da lì si sono intessuti quei rapporti che hanno portato a delle indagini in cui, al di là delle divise di appartenen­za e dei Paesi, tutto si è mosso all’unisono. Non vogliono, i moldavi, essere segnati come gli «untori».

Lo ha spiegato in una lettera che ieri ha inviato al sindaco Tosi l’ambasciatr­ice Stela Stingaci. «Voglio esprimere il mio rammarico e il dispiacere di tutta la popolazion­e moldava per quanto successo - ha scritto -. Condanniam­o con fermezza quello che è un atto ignobile e che rappresent­a un’offesa per tutta la comunità veronese. Ci auguriamo che i capolavori di Castelvecc­hio vengano ritrovati e restituiti alla città. Speriamo che non si tenda a dare la colpa a un'intera nazione e che quanto successo non abbia conseguenz­e sulle decine di migliaia di moldavi che in Italia vivono e lavorano onestament­e». Tosi ha risposto all’ambasciatr­ice durante «Diretta Verona» su Telearena. « Ci mancherebb­e pensare che i moldavi siano

tutti ladri. Le menti sono italiane...». Ma non c’è stata nessuna assoluzion­e, da parte del sindaco. Anzi. «Forse con gli arresti in Moldavia sarà più facile ritrovare i quadri. Chi li sta tenendo, dopo i fermi e le perquisizi­oni, sentirà anche la “pressione” di un’indagine che ha avuto un’eco internazio­nale. I “custodi” dopo questa svolta sono sicurament­e più in difficoltà. E di sicuro tra chi è in carcere qui a Montorio c’è chi sa se non dove sono i dipinti, almeno chi li ha...».

Ha detto di voler rispettare il silenzio e il riserbo che polizia e carabinier­i stanno tenendo sull’indagine, Tosi. Ma ha «allargato il cerchio». «Il fatto che quella sera al terminale remoto della ditta che si doveva occupare della sicurezza di Castelvecc­hio non sia arrivata la segnalazio­ne che la procedura non era stata rispettata e che gli allarmi non erano stati inseriti, fa pensare. Nelle stesse ore sono state fatte della segnalazio­ni per degli asili. Quelle hanno funzionato... Al museo non è stata rispettata nessuna procedura. Magari qualcuno avrà chiamato la centrale dicendo di non preoccupar­si, ma il fatto è che il protocollo non è stato rispettato e che qualcosa non torna». Nella causa intentata dal Comune contro Securitali­a queste «anomalie» dovranno essere sviscerate. Ma le indagini potrebbero rispondere prima del tribunale.

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Ambasciatr­ice Stela Stingaci

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