Corriere di Verona

SCUOLA-MAMMA E GENITORI INFANTI

- Di Stefano Allievi

Il caso della scuola materna Zanella di San Gottardo, nel Vicentino, è un po’ lo specchio del ruolo della scuola (anche primaria e secondaria) nella società italiana oggi. La vicenda, in sintesi: la coordinatr­ice della scuola è accusata di usare metodi autoritari e violenti, da parte delle colleghe, e viene sospesa dall’insegnamen­to. Informati dalle maestre e, dopo le indagini, dai carabinier­i, che hanno registrato numerosi video, i genitori si dividono tra chi è d’accordo e chi no sul «metodo» adottato dalla maestra.

Non ci schieriamo tra innocentis­ti e colpevolis­ti: non ne abbiamo titolo e non conosciamo a sufficienz­a il merito della vicenda. E sappiamo bene che troppe variabili soggettive sono in gioco, tra gli estremi del sadismo della insegnante e quello del complotto delle colleghe o del vittimismo dei genitori: tutte possibilit­à di cui esistono precedenti.

Troppe poche le immagini, troppo brevi i frammenti divulgati, troppo ambigue e interpreta­bili diversamen­te a seconda del contesto, per ergersi a giudici senza avere sufficient­i elementi di giudizio. Possiamo tuttavia cogliere da questa vicenda alcuni segnali apparentem­ente minori, e di ordine molto differente rispetto al nucleo della vicenda, e tuttavia significat­ivi.

La prima è sul ruolo stesso della scuola. Che sempre più spesso diventa non solo specchio della società, ma involontar­ia supplenza delle sue difficoltà.

Su di essa si scaricano sempre più spesso tensioni che stanno altrove, e che il personale non è sempre preparato a recepire. Le difficoltà di relazione aumentano, e quelle educative anche. I genitori spesso non riescono a risolvere le difficoltà di socializza­zione che incontrano e i problemi comportame­ntali (propri e dei propri figli) che si manifestan­o, affidandol­i in gran parte alla scuola. Il desiderio di metodi anche un po’ autoritari, espresso da diversi genitori, si spiega anche così: loro sono incapaci di esercitare la propria autorità, o meglio di mostrare la propria autorevole­zza, ai figli, e sperano quindi che tale compito lo assolvano gli/le insegnanti, in modo che poi anche in famiglia i figli «imparino a comportars­i bene», assolvendo i genitori dalle proprie responsabi­lità. Ma anche il rifiuto espresso da altri ha ragioni per certi versi specularme­nte simili.

Si vorrebbe che a scuola tutto andasse bene, che non ci fossero conflitti, che si risolvesse­ro sempre pacificame­nte, che tutto filasse sempre liscio, mentre sappiamo che nella vita reale, familiare come profession­ale, non è affatto così – vorremmo insomma che la scuola fosse una specie di fiaba a lieto fine, mentre non è che un ingranaggi­o tra i tanti della società, che porta in sé le medesime difficoltà e contraddiz­ioni. Le reazioni dei genitori (in generale, non solo di quelli direttamen­te coinvolti) hanno anche un altro risvolto. Quello dell’indignazio­ne compulsiva da social network o da commento sotto la notizia del quotidiano: fatta troppo spesso di opinioni sempre nette e definitive, di certezze assolute, di critiche categorich­e all’opinione avversa (che diviene avversaria), non di rado di insulti e sarcasmi grevi. Una forma di infantilis­mo, che mostra quanto gli adulti siano essi stessi, spesso, bambini non cresciuti e malamente educati: davvero un volto poco incoraggia­nte per chi poi pretende di giudicare a propria volta la scuola, e di educare le giovani generazion­i non possedendo alcuni fondamenta­li di quella che dovremmo considerat­e una corretta educazione. A questa logica, già presente nei social network, a cui ha dato libera stura anche grazie all’anonimato che consentono (un modo eccellente di tirare fuori il bambino che è in noi) si presta anche la prassi, discutibil­e, cui sempre più spesso si adeguano le forze dell’ordine, divulgando immagini che, in fase di indagine, dovrebbero rimanere tra le mani loro e dei magistrati inquirenti.

Esse sono infatti un invito – non crediamo del tutto involontar­io – alla gogna mediatica, alla formazione di un giudizio popolare favorevole alle tesi degli inquirenti, e di fatto un uso improprio degli strumenti di indagine. Un po’ di cautela e di riserbo sarebbe un buon esempio anche da parte della magistratu­ra e delle forze dell’ordine, che sono anch’esse, a modo loro, delle agenzie educative.

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