Corriere di Verona

«Intaschiam­o i soldi e torniamo con l’autobus»

Silvestri «cercava acquirenti», fratello e compagna studiavano «il viaggio per incassare il denaro»

- Di Laura Tedesco

VERONA Era già «a caccia di acquirenti per i quadri del museo di Castelvecc­hio molto tempo prima della rapina». Francesco Silvestri, il vigilante di Sicuritali­a fermato insieme ad altri undici presunti complici per il colpo da (almeno) 17 milioni di euro messo a segno la sera del 19 novembre scorso, secondo l’accusa ha fornito «una determinan­te complicità » ai banditi che quattro mesi fa hanno derubato Verona e i veronesi di un tesoro artistico che nel decreto di fermo firmato dal pubblico ministero Gennaro Ottaviano viene definito di «inestimabi­le» valore. Quanto al fratello gemello, Pasquale Ricciardi Silvestri, finito in carcere con la compagna ucraina Svitlana Tkachuk, «è stato assodato che la sua figura abbia rappresent­ato non solo il trait

d’union con i moldavi, ma che sia stato l’organizzat­ore principale della rapina di Castelvecc­hio congiuntam­ente al fratello gemello. Del resto, le attività investigat­ive hanno ampiamente cristalliz­zato la contiguità di entrambi i fratelli Silvestri con un sottobosco criminale le cui cointeress­enze appaiono funzionali alla realizzazi­one di attività illecite».

Bottino e soldi

Gli atti dell’inchiesta parlano di «rapporto strettissi­mo e costante tra i due fratelli Silvestri. Inoltre Pasquale Ricciardi Silvestri convive con la Tkachuc la cui famiglia d’origine vive tuttora in Transinist­ria . E proprio Svitlana potrebbe fornire una sicura base logistica estera agli indagati». Decisiva, per la procura, è l’intercetta­zione datata 16 febbraio 2016 tra il fratello della guardia e la compagna. Dal contenuto delle intercetta­zioni, si legge nel decreto di fermo, emerge come «Pasquale si debba recare in Moldavia, unitamente al fratello Francesco, per realizzare la transazion­e tra quadri e denaro: i due, infatti, si soffermano nella descrizion­e delle modalità con le quali dovranno provvedere a organizzar­e i viaggio per portare in Italia il denaro illecitame­nte acquisito con la cessione delle opere d’arte di Castelvecc­hio».

Le intercetta­zioni

È Pasquale a «prospettar­e alla compagna la necessità di partire per poi tornare in autobus per eludere i controlli» doganali: «Perché può darsi che in questi giorni dobbiamo partire per andare di nuovo da tua mamma... Sai che dopo dovremmo tornare con l’autobus - dice a Svitlana -...Perché con l’autobus... che ti fanno... me li metto addosso». A quel punto, ricostruis­cono gli inquirenti, «la compagna ribatte che non avrebbero dovuto essere gli unici ad assumersi i rischi del trasporto, ma che anche una terza persona, evidenteme­nte la guardia giurata Francesco Silvestri, avrebbe dovuto andare con loro». Testualmen­te, Svitlana contesta al compagno che «sua parte.... vuoi rischiare anche per sua parte»?. Secondo il pm, «la conferma che anche il vigilante di Sicuritali­a sia in procinto di andare all’estero è data proprio dalla prosecuzio­ne della conversazi­one». Infatti, continuano gli atti dell’accusa, Pasquale riferendos­i al fratello guardia giurata Francesco testualmen­te afferma: «Posso anche fare così... dico: “Oh, vai lì vattela a prendere... ah sì si può fare anche questo... sì, dire: “andiamo lì e poi prendi le tue cose e vai via, posso fare...” Ma devo andare con lui, comunque cioè dobbiamo andare anche noi, anche noi dobbiamo portare qua, mica ... qualcosa ci serve qua... che facciamo...». In altre parole, procura e forze dell’ordine deducono da tale intercetta­zione che «l’incasso dell’auspicata transazion­e illecita in capo agli indagati consenta loro di poter effettuare scelte di vita del tutto insperate e nuove».

Smartphone, reset e sim

Nero su bianco, il decreto di fermo si sofferma sulla «elevata capacità del vigilante di Sicuritali­a nell’attivare utenze “riservate” intestate a terze persone e nella volontà di eludere le investigaz­ioni a suo carico. Assai significat­ivo, in tal senso, il reset effettuato sul proprio smartphone dopo essere stato convocato per essere ascoltato sulla rapina, l’attivazion­e della sim, intestata a terzi effettuata proprio il 20 novembre 2015, quando veniva chiamato a rendere sommarie informazio­ni al pubblico ministero». Non solo, perché nel corso delle indagini «emergeva come addirittur­a evitasse di effettuare a bordo della sua vettura personale, conversazi­oni telefonich­e giunte sull’utenza che lui stesso riteneva sicura».

Dentro il museo

A detta degli inquirenti risulta «del tutto inverosimi­le e illogica» la circostanz­a che la sera della rapina il vigilante, nonostante sia stato legato mani e piedi vicino alla custode invalida del museo «con a guardia un rapinatore a mano armata», sia stato «prelevato dai malviventi, portato al piano di sopra e fatto girare con gli stessi senza che, a detta di Silvestri, abbiano proferito parola con lui». In altre parole «non ha alcuna logica portare con sé un ostaggio, già legato mani e pedi, se non serve a qualcosa». E «a cosa poteva servire la guardia se non a indicare i quadri da prelevare»? Del resto, «i rapinatori si sapevano muovere bene nel museo» anche senza di lui: anche perché Silvestri «aveva aperto loro tutte le porte ». Altra prova-chiave fornita dalle telecamere: «Silvestri, portato “inspiegabi­lmente” al piano di sopra dai banditi, viene addirittur­a lasciato incustodit­o. I due malviventi infatti sono impegnati con il trasporto di un quadro mentre il vigilante non è controllat­o da nessuno». Non ce n’era bisogno?

Sai che dopo dovremmo tornare con l’autobus Con l’autobus che ti fanno... me li metto addosso Sua parte... Vuoi rischiare anche per sua parte? Posso anche fare così... dico: “Oh, vai lì vattela a prendere...”

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 ??  ?? L’inchiesta Giorni cruciali per l’inchiesta con cui il pm Gennaro Ottaviano (nellafoto) sta coordinand­o carabinier­i e polizia che indagano sul colpo da 17 milioni di euro al museo
L’inchiesta Giorni cruciali per l’inchiesta con cui il pm Gennaro Ottaviano (nellafoto) sta coordinand­o carabinier­i e polizia che indagano sul colpo da 17 milioni di euro al museo

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