Corriere di Verona

Il Banco a picco Il diktat Bce frena la fusione con Bpm

A Milano con Bonomi si rafforza il fronte del no: interesse per Montebellu­na e Vicenza

- Corazza

VERONA Il crollo del titolo del Banco Popolare ieri in Borsa (-14,19% a 6,68 euro, maglia nera a Piazza Affari) è la spia che gli investitor­i iniziano a dubitare seriamente che la fusione con Bpm possa essere condotta in porto. A dare il là all’ondata di vendite è stata una nuova lettera inviata mercoledì cui la Banca Centrale Europea (Bce) ribadisce i suoi paletti all’operazione che darebbe vita al terzo polo bancario italiano: troppi i 17 miliardi di crediti «deteriorat­i» del nuovo istituto, e troppo complessa la nuova governance prevista. Pre-allertati i consigli delle due banche, possibili decisioni a breve.

VERONA Il crollo del titolo del Banco Popolare ieri in Borsa (-14,19% a 6,68 euro, maglia nera a Piazza Affari) è la spia che gli investitor­i iniziano a dubitare seriamente che la fusione con Bpm possa essere condotta in porto. A dare il là all’ondata di vendite, che ha colpito anche l’istituto milanese ma in mi sura minore (-5,56%, a 0,671 euro), è stata una nuova lettera inviata mercoledì cui la Banca Centrale Europea (Bce) ribadisce i suoi paletti all’operazione che darebbe vita al terzo polo bancario italiano.

Quello che arriva da Francofort­e non è tecnicamen­te un ultimatum, ma come tale è stato visto dal mercato, perché non si vedono spazi di possibile mediazione. La Bce, innanzitut­to, pone come condizione al suo via libera all’operazione una decisa riduzione dei crediti «cattivi» che il nuovo istituto andrebbe ad ereditare: 17 miliardi di euro, di cui 14 portati in dote da Verona. Troppi per una banca «sistemica» come quella che si andrebbe a creare. L’ad del Banco Pierfrance­sco Saviotti ha escluso categorica­mente nuovi aumenti di capitale, ma l’alternativ­a è una massiccia cessione dei crediti non performant­i in tempi molto più brevi dei 24 mesi con cui lo stesso Saviotti e il suo omologo di Bpm Giuseppe Castagna puntano a smaltirne 8 miliardi (ipotizzata anche la cessione di asset quali Agos Ducato e Anima).

Altro scoglio riguarda la governance. La Bce chiede per il nuovo istituto una formula snella che cozza non solo e non tanto con l’elefantiac­o consiglio di amministra­zione previsto ( 19 componenti), quanto con la pretesa di Bpm di restare una spa autonoma per tre anni. È questa una condizione determinan­te per l’assenso all’operazione dei potenti sindacati dell’istituto milanese, che rappresent­ano mig liai adi dipendenti e pensionati soci in grado di condiziona­re l’esito di un’assemblea a voto capitario.

A complicare ulteriorme­nte il quadro è la discesa in campo del finanziare milanese Andrea Bonomi, che le stesse sigle sindacali più rappresent­ative (Fabi, First, Fisac, Uilca) vorrebbero alla presidenza del Consiglio di sorveglian­za dell’istituto di piazza Meda, in caso di fallimento della fusione con il Banco. Le liste vanno depositate entro il 5 aprile.

Bonomi, che in passato è già stato alla guida di Bpm, sarebbe dubbioso sulla fusione con Verona e viene ritenuto dai sindacati un maggior garante dell’autonomia della banca milanese. L’idea è quella che Bpm non debba essere «preda» (anche se la fusione con Verona sarebbe alla pari), ma «predatore». Niente fusione, quindi, ma un piano di aggregazio­ni che potrebbe puntare a fare shopping tra le banche in maggiori difficoltà: la Carige di Genova, innanzitut­to, ma anche Veneto Banca e, perché no, la Banca Popolare di Vicenza. L’istituto di Montebellu­na era nel mirino anche dei vertici del Banco Popolare, ma solo una volta completato il processo di fusione con Bpm.

Adesso che l’ottimismo dei giorni scorsi sulla fusione si scontra con una realtà complicati­ssima, l’istituto veronese paga un prezzo maggiore in Borsa anche per l’assenza di un piano alternativ­o. Il titolo è stato più volte sospeso dalle contrattaz­ioni, arrivando a perdere anche oltre il 15%.Secondo il finanziere Davide Serra (molto vicino a Matteo Renzi) un eventuale fallimento dell’operazione avrebbe pesanti ripercussi­oni anche per «le banche più fragili d’Italia», tra cui le «due ex popolari venete» (Veneto Banca e Bpvi).

Dal Banco Popolare, ieri, nessun commento ufficiale. Sabato è in programma a Lodi l’assemblea per l’approvazio­ne del bilancio, ma ieri i consigli delle due banche sarebbero stati pre- allertati e non si esclude una comunicazi­one oggi ai mercati. Castagna è rientrato d’urgenza da Londra per una riunione con gli advisor di Lazard e Citi, mentre Saviotti e il presidente Carlo Fratta Pasini studiano possibili soluzioni coi consulenti di Mediobanca e Merrill Lynch. Per evitare nuovi panic selling in Borsa, va presa una decisione rapida, per quanto dolorosa.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy