Un anno fa l’espulsione Dodici mesi da ex leghista tra grattacapi e tormentoni
VERONA Marzo è, tradizionalmente, il mese del tempo instabile, sia dal punto di vista meteorologico che in politica. A Roma, in questi turbolenti giorni, sta succedendo di tutto, perfino che uno come Flavio Tosi pensi – a quanto pare, seriamente – di candidarsi sindaco. Ma anche il marzo dello scorso anno, quanto a tuoni e fulmini, non fu da meno: Tosi espulso dalla Lega Nord, Tosi che si candida contro Luca Zaia alle regionali. Sono passati dodici mesi: il primo anno di Flavio Tosi fuori dal Carroccio, il partito in cui aveva militato per tutta una vita. E una vita sembra già passata da allora.
È’ stato un anno faticoso per il sindaco di Verona. Prima la delusione per il risultato alle regionali, modesto nelle percentuali e ininfluente negli effetti, visto che Zaia ha vinto agilmente con il 50 per cento dei voti. Poi, lo sforzo organizzativo per costruire un nuovo partito con ambizioni nazionali, chiamato Fare! (lanciato con una convention lo scorso 28 febbraio), con continui viaggi in giro per l’Italia per promuoversi. Il tutto mentre a Verona lo seguiva un grattacapo dopo l’altro: la maggioranza sempre più striminzita in consiglio comunale, le grandi opere (traforo e filobus) che non partono, perfino la rapina al museo di Castelvecchio. Dividersi tra il ruolo di sindaco in scadenza e quello di aspirante leader è stato, per Tosi, logorante.
È stato un anno, anche, di grandi tormentoni. Due su tutti, in parte legati tra loro: l’asse con Matteo Renzi e l’ipotesi di un terzo mandato a Verona. Ad alimentare il primo, sono stati i faccia a faccia a Palazzo Chigi con il Presidente del consiglio in occasione di passaggi cruciali in Senato, dove Tosi controlla tre senatrici (tra cui la compagna, Patrizia Bisinella). È arrivato l’aiutino sulle riforme istituzionali (voto a favore) e sulla mozione di sfiducia al ministro Boschi sul caso delle banche (voto contrario). Contemporaneamente, Tosi ha cominciato a dire quanto sarebbe bello continuare a fare il sindaco di Verona anche dopo il 2017. Ecco che, nonostante le continue smentite del Pd, cominciava a insinuarsi in molti il prezzo di quella collaborazione parlamentare: la cancellazione del limite dei due mandati per i sindaci. L’ultimo tormentone è quello di questi giorni: la candidatura a sindaco di Roma, che incornicia idealmente i dodici mesi più rocamboleschi nella vita politica di Tosi.
Il bilancio che, di questo primo anno «non leghista», fa Fabio Venturi è chiaramente una visione di parte, essendo lui il primo collaboratore di Tosi. Ma, non di meno, è un punto di vista da insider e proprio per questo interessante. «Si è capito che l’espulsione di Flavio dalla Lega è stata premeditata e questi mesi, se non altro, hanno contribuito a fare chiarezza - dice - adesso anche Berlusconi a Roma si sta accorgendo di che pasta è fatto Salvini, uno che prima dice una cosa e poi se la rimangia». Venturi ammette che «il nostro è un percorso difficilissimo», perché «non andiamo avanti a slogan come la Lega di Salvini, la nostra è un’impostazione meno commerciale, ma più concreta». Nega che la collaborazione con Renzi sia stata offerta in cambio di qualcosa: «Non abbiamo chiesto né avuto nulla, nessun incarico, nessuna poltrona. Il terzo mandato? Vedremo».
In attesa di quello, ecco servita la candidatura nella Capitale. «Per ripulire Roma serve il miglior sindaco d’Italia», dice il deputato Roberto Caon, fedelissimo di Tosi. «Se si decidesse di candidarsi - spiega Venturi - prenderemo l’esito elettorale col sorriso, la voglia è fare qualcosa di nuovo, l’obiettivo è dare una scossa al Paese». E pensare che, appena un anno fa, Tosi iniziava a tappezzare il Veneto con i suoi manifesti. Lo slogan, oggi, è lo stesso di allora: «Siamo abituati a Fare».
Anche Berlusconi ora capisce chi è davvero Salvini Per ripulire Roma serve il miglior sindaco d’Italia