RICERCA, IL SUICIDIO DEI TAGLI E LE RAGIONI DI UN ALLARME
La Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) ha scelto il 21 marzo, dopodomani, come data simbolica per dare speranza al futuro delle nostre università.
Nello stesso giorno, in ogni parte del Paese, 80 atenei partecipano iniziative volte a condividere con la cittadinanza sia l’allarme per la scarsità degli investimenti pubblici che mettono in ginocchio le nostre università, sia il progetto per un rinnovamento che ci consenta di competere sul piano internazionale con pari risorse, offrendo ai nostri giovani prospettive di lavoro. L’istruzione universitaria rappresenta il principale fattore di mobilità sociale. Ma la mobilità sociale verso l’alto non si ottiene se non ci sono adeguate borse di studio per i giovani meritevoli ma privi di mezzi. L’Italia ha il numero di laureati più basso d’Europa. Sono diminuiti studenti, docenti e dottori di ricerca.
La Germania investe nell’università 304 euro per abitante, la Francia 303, l’Italia 109. Nel recente periodo di crisi, l’Italia ha diminuito i fondi pubblici destinati all’università del 9.9 per cento, la Francia li ha aumentati a +3,6, la Germania a +20. Si tratta di scelte strategiche. La ricerca porta sviluppo e innovazione. Investire nella ricerca in tempi di crisi significa puntare sullo sviluppo per uscirne. Fare il contrario è, anche economicamente, un atto suicida.
Nonostante questo, i risultati della ricerca sono ottimi: l’Italia si colloca all’8° posto tra i paesi OCSE per quantità assoluta e davanti alla Cina per qualità della produzione scientifica. Se lo stanziamento delle risorse fosse almeno pari a quello degli altri paesi europei, saremmo dunque altamente competitivi. Del risultato della ricerca – si pensi alla salute in campo medico – traiamo tutti vantaggio. La ricerca è vitale. Se ci mancano i fondi per arruolare nuovi ricercatori, ci avviamo verso un gelido inverno che non intravvede primavere. Si parla di “fuga di cervelli”: i cervelli, dunque, li abbiamo e sappiamo formarli. Purtroppo manchiamo di risorse per ‘trattenerli’ o ‘recuperarli’.
Per celebrare la primavera dell’Università di Verona abbiamo scelto la Gran Guardia, una sede cittadina, lunedì alle 17.30 con ingresso libero. Dare un futuro all’università, metterla in condizione di operare al meglio e confermare la sua qualità scientifica e formativa, non è una faccenda per accademici, riguarda la cittadinanza e il Paese. Abbiamo previsto che, durante l’incontro, il professor Massimo Delledonne parli della sua ricerca sul DNA, fondamentale per individuare la cura di molte malattie, cercando di trasmettere l’entusiasmo che il ricercatore investe nel suo lavoro. L’ateneo vuole condividere con la Città questo entusiasmo.