UN GIOCO PERICOLOSO
Doveva rimettere in moto un sistema bancario messo a dura prova negli ultimi mesi dal bail-in, ma l’esito rischia al contrario di aprire uno stallo ancor più pericoloso. Specie, a cascata, per quel che resta del sistema bancario veneto, che nel giro di un mese si giocherà il tutto per tutto sul baratro. Nei quattro giorni che restano per salvare la fusione Banco Popolare-Bpm si gioca ancor di più della già rilevante partita per creare la terza banca italiana. E sul muro sempre più alto di richieste posto dalla vigilanza della Banca centrale europea rischia di infrangersi non solo il progetto, ma la stessa idea che le aggregazioni tra gli istituti siano una via per risolvere i problemi attuali delle banche.
Ricapitoliamo: la realtà dei dati di due banche che hanno passato e ripassato stress test e verifiche della Bce, e che, nel caso di Verona, hanno pure ripreso a macinare utili dopo anni di buio fitto (bilanci e dividendi che devono pure esser stati condivisi con Francoforte), non basta alla stessa Bce per dare il via libera al primo vero progetto di fusione in Italia. Ovvero a cogliere l’esito principale che ci si era ripromessi di portare a casa con la riforma delle popolari mandata ruvidamente avanti un anno fa dal decreto del governo Renzi. Al dunque, la banca risultante dalla fusione Verona-Milano, par di capire sia la tesi che sta dietro alla linea di Francoforte, va vista come banca di sistema e come tale deve reggersi in piedi fin da subito e macinare utili, funzionando fin dall’inizio come terzo pilastro effettivo del sistema bancario italiano. E quindi la solidità dell’istituto risultante dev’essere maggiore della somma di quella permessa ai singoli istituti separati. Evitando il rischio di dover correre ai ripari di qui a qualche anno.
Ora il richiamo può star bene finché ricorda ai banchieri di casa nostra che è l’obiettivo industriale (e non a caso Francoforte ha chiesto il piano pluriennale nel giro di un mese) quello centrale in una fusione, rispetto ad operazioni in cui ancora troppo spesso
Centrale rispetto ad operazioni in cui ancora troppo spesso le ambizioni personali e il salvataggio delle poltrone in architetture di governo complicate paiono il vero motore. Ma resta comunque difficile accettare il dato di sostanza sulle richieste di capitale. Se le fusioni, invece di essere la via con cui si accelera l’uscita dalla convalescenza del sistema bancario, diventano un obiettivo da valutare in modo slegato dalla crisi di questi anni, si rischia di causare l’esito opposto. Davvero si pensa che l’effetto del no alla fusione - ovvero un Banco isolato, con un giudizio sfavorevole sulla sua solidità e sulla possibilità di muoversi - sia preferibile a quello che nascerebbe da un’operazione di cui si vogliono vedere solo i rischi? E se proprio da questa si attendeva la messa in moto delle altre fusioni, con l’effetto di riattirare gli investitori sulle banche italiane e risollevarne le quotazioni dopo la batosta indotta dai timori del bailin, davvero conviene un no, che metterebbe il timbro Bce ai timori del mercato sulle banche italiane e congelerebbe qualsiasi ulteriore operazione di aggregazione, visto il tenore delle richieste? Senza contare poi gli effetti su Bpvi e Veneto Banca. Nel giro di un mese le due ex popolari dovranno raccogliere 2,5 miliardi di euro di capitale quotandosi in Borsa, per riuscire a sopravvivere. Con gli attuali prezzi di mercato (ieri la valutazione del Banco in Borsa era pari a un terzo del suo patrimonio netto), il valore della banca postaumento rischia di essere inferiore persino al capitale che si chiede al mercato. Ma così l’esecuzione degli aumenti senza il ricorso agli schemi di garanzia diventa improbo; e questo dopo aver già considerato comunque azzerato il valore dei vecchi soci in operazioni iperdiluitive. E il congelamento dell’interesse sulle aggregazioni non farebbe che aumentare gli effetti negativi, allontanando gli inves-titori. Davvero è questo lo scenario che si vuole? E su questo che cosa ritiene di dire la politica, a tutti i livelli, che non si capisce a cosa stia guardando, mentre si consuma un rischio del genere?