Anche Serracchiani spinge «Percorso da sostenere» Ma su Sappada è dura «Sgomenta per lo stop»
VENEZIA C’è chi dice che sia già tutto deciso. Che la richiesta di negoziato presentata da Luca Zaia sia una pura formalità, rispetto alla sostanziale disponibilità di Matteo Renzi a liquidare la pratica «Nord» con la concessione di un po’ di autonomia a Regioni politicamente nemiche ma economicamente fondamentali quali Veneto e Lombardia, senza per questo urtare la suscettibilità dei vicini che godono della specialità a pieno titolo. Com’è come non è, Debora Serracchiani lo dice a chiare lettere, da presidente del Friuli Venezia Giulia (che è però anche vicesegretaria nazionale del Partito Democratico): «Abbiamo detto no alla macroregione, ma abbiamo anche sostenuto la richiesta di un percorso di autonomia per il Veneto».
Il riferimento è alla mozione, approvata all’unanimità giovedì a Trieste, con cui il consiglio regionale friulgiuliano ha affermato che il malessere dei veneti «non si risolve con proposte demagogiche e populiste», un’iniziativa che «più che di fusione tra Regioni consenzienti sembrerebbe rifarsi all’annessione di due Regioni da parte di una terza». Piuttosto i vicini nordestini offrono «il sostegno politico alle iniziative che la Regione Veneto intenda intraprendere al fine dell’attuazione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», anche se questa iniziativa «non può e non deve essere confusa» con la vicenda di Sappada.
Lo stop al distacco ha aperto un caso nel Pd. «Il ribaltamento avvenuto in aula all’ultimo miglio lascia sgomenti anche per il metodo», ammette Serracchiani, assicurando che si farà «personalmente carico di battere tutte le vie politiche, incontrando i capigruppo alla Camera e al Senato, i ministri Boschi e Costa e il sottosegretario Bressa». Giusto per evitare che si areni del tutto il tentativo di fuga dal Veneto arrivato più avanti di tutti i 29 registrati nel giro di un decennio, da San Michele al Tagliamento (verso Pordenone, vinsero i «no») e Lamon (verso Trento, i «sì» trionfarono invano) nel 2005, a quelli del 2014: due verso Bolzano, stoppati alle urne (Comelico Superiore e Auronzo di Cadore), uno verso Trento, bloccato comunque (Voltago Agordino).