‘Ndrangheta nel Veronese arrivano le prime condanne
Tre imprenditori residenti in provincia
‘Ndrangheta, prima raffica di condanne per il processo Aemilia a Bologna: 58 in tutto con il rito abbreviato. E tre riguardano imprenditori residenti nel Veronese.
Ventiquattro anni e 11 mesi. Questo è il totale delle condanne in rito abbreviato per i quattro imputati residenti in Veneto del processo Aemilia alla ‘ ndrangheta, o meglio agli affari del clan Grande Aracri. La sentenza è bolognese, ma si tratta comunque delle prime condanne legate, più o meno direttamente, a vicende di mafia calabrese in Veneto. E se qualcuno ancora crede che certi affari non si siano diffusi sul nostro territorio, basta ricordargli che, prima di essere fermate dall’Antimafia, alcune delle aziende coinvolte nel processo hanno costruito anche simboli della legalità, come la caserma dei carabinieri di Dueville nel Vicentino.
I condannati sono imprenditori edili ben inseriti nel contesto dei subappalti: Salvatore Cappa detto «Turuzzu», 46 anni, nativo di Cutro ma residente ad Arcole, 9 anni e 4 mesi; Francesco Gullà, nato a Isola Capo Rizzuto nel ‘ 76 e residente sempre nello stesso Comune, a lui il giudice ha dato 4 anni; Giuseppe Frontera, 41 anni residente ad Orgiano, nel Vicentino, per lui 8 anni e 10 mesi; infine Raffaele Oppido, cutrese 56enne di Roverchiara, destinatario di una condanna a due anni e 9 mesi. Erano tutti imputati per associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati connessi. Ma l’inchiesta, divisa in tre diverse tranche visto che i sodali della ‘ndrangheta tra Emilia, Crotone e Veneto sono oltre 200, cita altri nomi riconducibili al nostro territorio, come quelli di Andrea Bighignoli, promotore finanziario 40enne veronese; Salvatore Grossetti, nato a Cutro nel ‘66 residente a Montecchia di Crosara, Salvatore Lerose, nato a Cutro nel ‘74 e residente nella provincia veronese. E come dimenticare i Bolognino: Sergio, che abita a Rosà nell’Alto Vicentino, e il fratello Michele che vanta al suo attivo diverse condanne per associazione mafiosa. Nessuno si sarebbe accorto di loro se nella primavera del 2013 non si fossero infilati in quella che sembrava una semplice rissa, ma che si è rivelata un regolamento di conti per la nuova gestione della Gs scaffalature di Galliera Veneta, che l’imprenditore Giuseppe Grigolo aveva avviato alla liquidazione. Un caso che li portò anche a fare una conferenza stampa per definire la correttezza delle loro intenzioni. Stando alle accuse del processo Aemilia, il clan nel Veronese aveva da riciclare il denaro che sgorgava da varie attività illecite e, per farlo, usava ditte e vari prestanome, coinvolti in un vasto giro di fatture false. Emergono nomi come Innovazioni srl con sede in via Croce a Oppeano, amministrata da Salvatore Lerose. La A.L. Costruzioni di Aiello Giuseppe & C già iscritta alla Camera di Commercio di Verona, la Nuova Eurocostruzioni snc dello stesso Aiello e Salvatore Lerose, iscritta e cancellata alla Ccia di Verona; l’impresa individuale di Francesco Gullà (cancellata nel 2013) con sede a Tregnago in via Franco; la Ruffo Trasporti srl, con sede in via don Scolari a Colognola ai Colli acquisita nel 2009 da Mario Vulcano, uno degli arrestati. Ma anche quel Consorzio Primavera che doveva costruire l’ecocentro comunale di Garda, verso il quale risulta siano state emesse fatture ( false stando all’accusa) per oltre 108 mila euro da parte della Fml srl, il cui titolare sarebbe un affiliato al clan. A tessere le trame dei Grande Aracri nel Veronese sarebbe stato Salvatore Cappa, amministatore unico della Secav srl con sede a Roverchiara ma «filiale» anche a Castelnuovo. Stando alle ordinanze, i mafiosi trapiantati in Veneto non disdegnavano minacce alle teste di legno che si rifiutavano di stare ai loro patti.