Corriere di Verona

Il Pd, la Sinistra e il neo-centrista Tosi Un «compromess­o per la città» per vincere le comunali dell’anno prossimo

- Di Nadir Welponer e Corrado Brigo

Con le prossime elezioni comunali finisce «l’era Tosi». Paragoni con le precedenti comunali non se ne possono fare. Troppe cose sono cambiate. La nascita del Movimento 5 Stelle, il distacco di Tosi dalla Lega e la nascita di una sua lista. È più utile il raffronto con le regionali del giugno 2015, quando i risultati nel comune di Verona si configurar­ono in questo modo: Zaia, con tutta la coalizione di centrodest­ra (28,29%, 31.700 voti); Moretti con gli alleati di centrosini­stra (28,12%, 31.500 voti); Tosi, con le sue liste collegate (27,96%, 31.300 voti); Berti, Movimento 5 Stelle (13,55%, 15.100 voti).

Realistica­mente, anche oggi l’orientamen­to elettorale dei veronesi è distribuit­o su tre aree di peso paragonabi­le, poco sotto al 30%, più gli outsider del M5S.

Ci sono in campo due ipotesi, come abbiamo scritto in un documento presentato alla segreteria del Pd che si può consultare su www.circolo18m­arzo/documenti/politicana­zionale). Un primo scenario prevede che il centrosini­stra si presenti in una Alleanza Popolare, fatta di liste di partito, di civiche, di espression­i del territorio, di singole personalit­à, contando sul consenso da conquistar­e con un lavoro di radicament­o del programma tra la gente; su una figura di candidato sindaco capace di attrarre autonomame­nte consensi; sulla possibilit­à di intercetta­re consensi (al secondo turno) tra i Cinque Stelle; sulla difficoltà di un ritorno di Tosi nello schieramen­to di centrodest­ra.

Questa strada è impervia e faticosa. E sconta la probabilit­à, alta, di non raggiunger­e la maggioranz­a dei consensi dei veronesi. E tuttavia va presa molto sul serio, per almeno due buone ragioni: tutto il lavoro preparator­io (programma, radicament­o, selezione del personale, unità tra le forze coalizzate) deve essere svolto comunque, anche in una ipotesi di allargamen­to dello schieramen­to; in secondo luogo è possibile che si riveli l’unica praticabil­e, qualora accordi più larghi si potessero realizzare solo al prezzo di disintegra­re la Sinistra. Che rischiereb­be così sia di perdere le elezioni, sia di perdere la propria anima. E non va data per persa in partenza. Si pensi al successo di Pisapia a Milano.

Il secondo scenario prevede una alleanza anche con Tosi. Tutto il centrosini­stra, i movimenti civici, le espression­i del territorio, e anche la lista Tosi. Questa è una ipotesi molto «divisiva»: alcuni sostengono che senza i voti di Tosi la partita del centrosini­stra è persa in partenza; altri giudicano impossibil­e, e non auspicabil­e, l’accodo con l’avversario contro il quale si è combattuto per un decennio. Prima osservazio­ne: sarebbe irresponsa­bile non tenere conto che una eventuale alleanza Pd -Tosi, con il sindaco uscente in posizione di «dominus», risulterà impraticab­ile. O, se praticata, perdente. Il comportame­nto elettorale a sinistra è profondame­nte mutato. Non funziona più l’argomento del «voto utile» (vota comunque per me, anche se non sei d’accordo, altrimenti vince la destra…). Una operazione di solo potere avrebbe esiti devastanti nell’elettorato del Pd ma anche in quello di Tosi e si tradurrebb­e in un clamoroso fiasco elettorale…

Seconda osservazio­ne: bisogna evitare una analisi miope sul significat­o della burrascosa rottura di Tosi con la Lega con la prospettiv­a, dichiarata, di dare vita a una formazione neo-centrista. La novità è notevole: si tratta della rottura, non rimarginab­ile a breve, del blocco di potere del centrodest­ra che ha mal governato la città nell’ultimo decennio. Quanto questa rottura sia profonda e di sostanza, lo si potrà misurare anche dai provvedime­nti amministra­tivi che si susseguira­nno in questo ultimo anno di giunta.

Per avere un minimo di probabilit­à di successo l’alleanza tra la sinistra e la lista neo-centrista dell’area Tosi dovrebbe tradursi in un «Compromess­o per la città», reso credibile da una programma preparato per tempo e vincolato da un accordo alla luce del sole. Il candidato sindaco e la squadra di giunta dovrebbero adempiere anche alla funzione di garanti del programma, nonché della statura amministra­tiva e morale della classe dirigente che si propone per il governo della città. A questa squadra la sinistra potrebbe contribuir­e con personalit­à di indubbia moralità, di competenza amministra­tiva collaudata. Al solo scopo di significar­e quanto sia abbondante questa risorsa nella sinistra, ci permettiam­o addirittur­a di fare degli esempi, quali Michele Bertucco, Roberto Fasoli, Giorgio Massignan, Donata Gottardi, Elisa La Paglia. E non sono gli unici.

In entrambi gli scenari accennati sopra, si deve dare per scontato che ci sarà una lista di sinistra, non riferibile al Pd. È un’area politica e sociale che esiste, che cerca rappresent­anza, che non è riconducib­ile al riformismo renziano. È difficile stimarne l’attuale peso elettorale. Tuttavia potrebbero essere voti decisivi. Decisivi per far vincere il centrosini­stra; oppure decisivi per togliere il terreno sotto i piedi a una alleanza senza principi. Sarebbe un errore esiziale considerar­e quest’area come un fatto residuale: una formazione costretta «per natura» ad accettare le carte distribuit­e da altri.

Ormai le distanze con il Pd di Renzi si sono chiarite e consolidat­e. La partecipaz­ione di questa lista a un progetto di buon governo della città va ricercata con un accordo di programma, anch’esso esplicito e alla luce del sole.

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